Le implicazioni che i lunghi viaggi e le missioni spaziali possono avere sul cervello umano sono state studiate da un team internazionale che ha di recente pubblicato la sua ricerca sulla rivista Science Advances. Gli scienziati hanno studiato il cervello di cosmonauti di ritorno da missioni a lungo termine attraverso l’utilizzo della risonanza magnetica scoprendo che il cervello umano nello spazio è in grado di riorganizzarsi. 

Studi precedenti hanno mostrato l’impatto che i viaggi spaziali a lungo termine hanno sul corpo degli astronauti, dalla degenerazione ossea e muscolare alla perdita di acuità visiva causata dall’accumulo di liquidi negli occhi. Nel nuovo studio i ricercatori hanno tentato di scoprire cosa avviene al cervello quando gli astronauti rimangono per un tempo abbastanza lungo nello spazio, come a bordo della Iss o nei futuri viaggi per Marte. 

La ricerca si è svolta prendendo in esame le risonanze magnetiche di 11 cosmonauti maschi che avevano trascorso una media di sei mesi a bordo della Stazione spaziale internazionale. Le scansioni sono state effettuate prima della partenza, al ritorno sulla Terra e sette mesi dopo il ritorno. 

Dagli esami effettuati, i ricercatori hanno scoperto che il cervello, durante le lunghe missioni spaziali, si orienta fluttuando in diverse parti del cranio, questo provoca una riorganizzazione del cervello stesso. Non è stata registrata nessuna neurodegenerazione dovuta al nuovo orientamento e, trascorsi i sette mesi dopo il rientro, è stato dimostrato che il normale orientamento viene quasi del tutto ristabilito. Inoltre, i cervelli dei cosmonauti hanno acquisito nuove capacità motorie per adattarsi al nuovo ambiente, perfezionando equilibrio e coordinazione.

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