Hanno un aspetto ameno, ma sono altamente insidiosi e sono l’ennesimo effetto del cambiamento climatico: si tratta dei laghi che si formano  in seguito allo scioglimento e al ritiro dei ghiacciai. Questi specchi d’acqua, altamente instabili e pericolosi per gli insediamenti umani situati a valle, sono al centro di un nuovo studio basato sui dati delle missioni satellitari Landsat, il noto programma di Osservazione della Terra frutto della collaborazione tra la Nasa e la U.S. Geological Survey. L’indagine, pubblicata su Nature Climate Change (articolo: “Rapid worldwide growth of glacial lakes since 1990”), è stata coordinata dal Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Calgary (Canada).

Il gruppo di lavoro ha realizzato una mappatura globale dei laghi glaciali, impiegando i dati dei satelliti Landsat dal 1990 al 2018; grazie alle nuove tecnologie, gli studiosi hanno potuto analizzare oltre 254mila immagini satellitari di tutte le regioni della Terra in cui sono presenti ghiacciai (la panoramica, però, non include l’Antartide).

I ricercatori avevano iniziato l’indagine puntando su alcuni laghi glaciali della zona definita ‘High Mountain Asia’, che comprende l’Altopiano del Tibet e le catene montuose circostanti, e poi l’hanno estesa ad altre aree ghiacciate. Secondo gli autori del saggio, l’acqua di fusione non sempre si dirige subito nel mare ma va ad alimentare falde sotterranee e laghi; questi ultimi, recentemente, hanno raggiunto un volume complessivo pari a 156 chilometri cubici d’acqua.

L’acqua dei laghi glaciali non ha un grande impatto sull’innalzamento del livello dei mari, mentre lo ha sulle comunità montane che si trovano a valle. I geologi, infatti, sottolineano l’instabilità di questi specchi d’acqua i cui argini sono spesso costituiti da ghiaccio o detriti morenici: questi materiali possono facilmente cedere e dare luogo a disastrose inondazioni, l’ultima delle quali si è verificata lo scorso maggio nella valle dello Hunza in Pakistan. Le zone più a rischio, secondo gli studiosi, sono nelle Ande, in Bhutan e nel Nepal, in quanto presentano a valle insediamenti piuttosto popolosi.

La tecnologia spaziale – concludono gli autori dell’articolo – può fare la differenza nel monitoraggio delle zone a rischio e nella predisposizione di attività di prevenzione; le Nazioni Unite hanno avviato programmi in tal senso nelle aree più sensibili, ma in ogni caso il fenomeno va tenuto sotto controllo anche in regioni apparentemente più tranquille per valutare gli effetti del cambiamento climatico.

Nella foto in alto, il lago glaciale Imja vicino all’Everest (Crediti: Planetary Science Institute/Jeffrey S. Kargel)