Sono dei ‘pesi massimi’ non solo per le dimensioni, ma anche per l’azione che esercitano sull’ambiente circostante: si tratta dei giganti gassosi – pianeti come il nostro Giove – che, disturbando le orbite dei loro vicini, avrebbero arginato la diffusione di mondi abitabili nei sistemi planetari. Questo scenario emerge da un nuovo studio pubblicato su The Astronomical Journal (articolo: “Dynamical Packing in the Habitable Zone: The Case of Beta CVn”); l’indagine, coordinata dal Dipartimento di Scienze della Terra e Planetarie dell’Università della California-Riverside, si basa sui dati dello spettrometro Hires (High Resolution Echelle Spectrometer) dell’Osservatorio Keck e su modelli informatici con cui sono stati simulati differenti sistemi planetari.

Gli studiosi sono convinti che una stella potrebbe avere fino a sette pianeti nella fascia abitabile (ovvero la regione intorno all’astro in cui un corpo celeste può essere dotato di acqua liquida in superficie), ma in assenza di giganti gassosi, come appunto Giove. Il gruppo di lavoro ha tratto spunto per la sua ricerca dal fatto che il sistema della stella Trappist-1 ha tre pianeti simili alla Terra nella sua zona abitabile: la domanda che gli esperti si sono posti, quindi, riguarda il numero massimo di pianeti con condizioni favorevoli alla vita potenzialmente presenti in un sistema. I planetologi si sono anche chiesti come mai la Terra sia rimasta un caso isolato nel Sistema Solare.

Le simulazioni messe in atto evidenziano che la diffusione dei mondi abitabili è connessa alla stabilità e alla regolarità delle orbite, nonché all’assenza di contatti tra i corpi celesti. Un fattore che può incidere negativamente è la presenza di pianeti gassosi, che, con la loro stazza, agiscono sulle orbite dei loro compagni: l’abitabilità del Sistema Solare, secondo gli autori del saggio, sarebbe stata limitata da Giove.

Allo stato attuale, le stelle dotate di più di un pianeta abitabile sono solo una manciata. Il team della ricerca intende proseguire questo filone d’indagine puntando su astri con sistemi costituiti da piccoli pianeti, come Beta CVn (Beta Canum Venaticorum), situata a soli 27 anni luce di distanza dalla Terra; il sistema di questo oggetto celeste non comprende giganti gassosi e quindi si presenta come un ottimo ‘laboratorio’ per verificare i risultati delle simulazioni. Secondo i planetologi, studiare le condizioni di abitabilità degli esopianeti è di grande importanza per approfondire i processi che hanno reso abitabile la Terra e come questo suo fondamentale attributo possa evolvere in futuro.