Come possiamo determinare l’età delle comete? In una pubblicazione apparsa su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, un gruppo internaziole di astrofisici ha indicato il carbonio come elemento utile per rispondere a questa domanda. La quantità di carbonio presente nella chioma delle comete può indicare il tempo che hanno trascorso nel Sistema Solare, più carbonio viene riscontrato meno la cometa dovrebbe essere stata vicino al Sole e viceversa.
Il team ha condotto uno studio sulla cometa Atlas o C/2019 Y4, scoperta il 28 dicembre 2019, prometteva di essere la cometa più luminosa degli ultimi tempi quando ai primi di aprile 2020 ha iniziato a frammentarsi per poi disintegrarsi. Dalle osservazioni condotte durante i suoi ultimi momenti sono stati registrati alti livelli di materia carboniosa.
Gli astrofisici hanno suggerito che la quantità di carbonio presente nella chioma delle comete può quindi indicare il tempo che hanno trascorso all’interno del Sistema Solare. «Ci si aspettava che Atlas fosse la cometa più luminosa del 2020, visibile dalla Terra a occhio nudo. Tuttavia, abbiamo assistito alla sua disintegrazione. Fortunatamente, avevamo iniziato studi fotometrici e polarimetrici prima dell’inizio del processo, e per questo, siamo in grado di confrontare la composizione della chioma prima e dopo la disintegrazione. Nel corso della disintegrazione abbiamo notato una crescita drammatica del ramo di polarizzazione positivo che, secondo la modellistica, è coerente con un’alta concentrazione di particelle carboniose», ha affermato Ekaterina Chornaya, astrofisica presso la School of Natural Sciences della Fefu, che ha partecipato allo studio.
La cometa Atlas era una cometa di lungo periodo, entrava nel Sistema Solare solo una volta ogni 6 mila anni circa. Questo genere di comete, avvicinandosi al Sole solo occasionalmente, di rado sono soggette a riscaldamento, sono quindi in grado di conservare molta materia primordiale. Quando si avvicinano al Sole, la materia primordiale, sottoposta alle radiazioni solari, inizia ad evaporare ed è in quel momento che i ricercatori hanno la possibilità di studiarla. Nelle comete di breve periodo, che si avvicinano al Sole molto più frequentemente, questa materia primordiale è molto bassa. Le osservazioni suggeriscono che questa materia primordiale immagazzinata nelle comete sia estremamente ricca di particelle carboniose.
Per cercare di comprendere l’evoluzione del nostro Sistema Solare, gli scienziati studiano la composizione fisica e chimica delle particelle di polvere nella chioma delle comete, analizzando la capacità di tali particelle di assorbire, rifrangere e polarizzare la luce. Secondo quanto affermato da Ekaterina Chornaya, la risposta polarimetrica delle particelle di Atlas appare molto simile a quella di una delle comete più luminose mai osservate: Hale-Bopp, a eccezione di alcune epoche simili a quelle della cometa Hyakutake.
La ricerca è stata condotta da un gruppo di astrofisici internazionali della Far eastern federal university (Fefu) in Russia, del College of humanities e del Department of astronomy and space sciences della Kyung Hee university, in Corea del Sud, dell’Institute of applied astronomy of the russian academy of sciences e dell’Institute of space sciences negli Stati Uniti.
Immagine in apertura: Cometa Atlas C/2019 Y4. Martin Gembec