Ha un aspetto duplice, dato che le sue facce presentano tratti nettamente differenti, e questa caratteristica non cessa di intrigare la comunità scientifica: si tratta della Luna, protagonista di un nuovo studio di Nature Geoscience che indaga i motivi per cui essa abbia questa natura ‘double-face’. La ricerca, illustrata nell’articolo “Early crust building enhanced on the Moon’s nearside by mantle melting-point depression”, è stata curata da un gruppo internazionale di studiosi, coordinato dal Dipartimento di Scienze Geologiche dell’Università della Florida; all’indagine hanno presto parte anche rappresentanti del Johnson Space Center della Nasa.

Il team della ricerca si è basato sui dati relativi alle numerose osservazioni effettuate sul corpo celeste e ai campioni rocciosi prelevati durante le missioni Apollo, utilizzandoli per simulazioni di laboratorio e modelli informatici. In particolare, gli scienziati si sono concentrati sugli elementi delle rocce lunari; tra esse ne spicca un tipo che presenta una combinazione definita Kreep. Con tale sigla si indicano le rocce lunari ricche in potassio (K), terre rare (Ree) e fosforo (P). Secondo la teoria più accreditata, la Luna si sarebbe formata quando un corpo celeste delle dimensioni di Marte è entrato in collisione con la Terra primordiale. Dopo questo evento traumatico, la Terra è riuscita a mantenere calore sufficiente per diventare attiva dal punto di vista tettonico, mentre la Luna, più piccola, probabilmente si è raffreddata in tempi rapidi, ‘congelandosi’ geologicamente. Tuttavia, il dinamismo nel passato della Luna metterebbe in discussione questo aspetto di tale teoria: decenni di osservazioni, infatti, hanno dimostrato che un miliardo di anni fa sul satellite si sono verificate attività vulcaniche e magnetiche.

L’asimmetria delle due facce si evince innanzitutto dalle differenti caratteristiche superficiali: la parte rivolta verso la Terra presenta i cosiddetti ‘mari’, regioni scure visibili anche ad occhio nudo, che in realtà sono pianure di origine vulcanica; sulla faccia nascosta, più accidentata, i mari sono più piccoli e meno diffusi (ne coprono solo l’1%, rispetto a circa il 31% dell’altro lato). Gli esperimenti in laboratorio hanno fatto emergere indizi interessanti dalle analisi sui dati delle rocce Kreep: gli elementi radioattivi, presenti anche sotto forma di isotopi, in taluni casi sono instabili e decadono in altri più stabili, producendo calore che scioglie le rocce e può condizionare la localizzazione di alcuni di essi sulla superficie lunare; ad esempio, l’uranio e il torio sono particolarmente diffusi sulla faccia rivolta verso la Terra.

Le simulazioni effettuate, che hanno implicazioni anche per quanto riguarda l’attività vulcanica e il suo volume, hanno permesso agli studiosi di rivedere le sequenze temporali con cui determinati processi sono avvenuti sulla Luna, soprattutto nella fase più antica della sua storia. Gli studiosi ritengono quindi che i materiali ricchi di Kreep abbiano influenzato l’evoluzione del nostro satellite sin dai suoi albori e che i processi all’origine dell’asimmetria delle due facce lunari possano essere riscontrati anche su altri satelliti naturali del Sistema Solare.

Nell’immagine in basso, le differenze tra la due facce lunari con particolare riferimento alla distribuzione del torio (Crediti: M. Laneuville et al.)