L’analisi continua dei dati ottenuti della sonda Nasa Parker sta contribuendo alla creazione di un quadro sempre più chiaro dell’attività solare che potrebbe migliorare la nostra capacità di prevedere eventi solari pericolosi per il nostro pianeta.
Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università del Michigan ha utilizzato i dati della sonda per produrre una panoramica sul funzionamento della nostra stella coerente con una ricerca pubblicata dallo stesso team nel 1999 e nel 2001. Lo studio pubblicato su Astrophysical Journal Letters fornisce una possibile spiegazione dell’origine degli switchback, le improvvise inversioni del campo magnetico del vento solare, osservate per la prima volta da Parker durante il fly-by del Sole nel novembre 2018.
Nel corso dei suoi sorvoli ravvicinati i sensori di Parker hanno prodotto un grande quantità di dati che hanno permesso di scoprire nuove informazioni sull’interazione tra i fenomeni che avvengono nella nostra stella. Nel dettaglio Parker ha individuato che l’atmosfera del Sole, composta da plasma e campi magnetici, segue un modello generale di circolazione globale e la sonda è in grado di osservarne una piccola sezione in qualsiasi momento. Il vento solare – il flusso esterno di particelle cariche dalla superficie è caratterizzato da brusche inversioni e infine il campo magnetico coronale globale si muove sulla superficie del Sole attraverso un processo chiamato riconnessione di interscambio, un riallineamento delle linee aperte e chiuse del campo magnetico.
«Le informazioni ottenute da Parker ci hanno permesso di individuare il meccanismo che è dietro la formazione dei venti solari lenti e veloci – commenta Justin Kasper, autore dello studio – definire questo meccanismo è la chiave per comprendere le tempeste geomagnetiche che potrebbero colpire la Terra». Nello studio di vent’anni fa, Kasper e il suo collega Lennard Fisk, avevano proposto delle teorie sull’interazione tra i vari fenomeni solari, mai testate sul campo, per via della mancanza di tecnologie adeguate. Secondo queste ipotesi le linee magnetiche aperte che si formano in diverse parti della corona e si estendono dalla superficie solare verso lo spazio dovrebbero circolare in uno schema chiuso, con movimenti che seguono sia la rotazione solare sia il senso opposto.
All’epoca nessun veicolo spaziale aveva avuto l’occasione di effettuare fly-by così ravvicinati del Sole e gli effetti dei fenomeni nelle vicinanze del Sole erano stati osservato solo dall’eliosfera, la bolla magnetica che contiene il Sistema solare, il campo magnetico solare e il vento solare. Fisk ha individuato i primi indizi sull’attività magnetica dell’eliosfera dopo aver esaminato i dati della sonda Esa/Nasa Ulisse, la prima ad aver osservato i poli solari. Il veicolo spaziale ha registrato le radiazioni di particelle che hanno avuto origine da latitudini solari più basse, una scoperta che indica un movimento del campo magnetico nella corona solare. Lo scorso anno, dopo la pubblicazione del primo set di dati di Parker, Fisk ha integrato le informazioni raccolte in precedenza con le nuove scoperte.
«Una volta ottenuta la conferma di questi processi di base – conclude Fisk – abbiamo ricevuto dati aggiornati sul funzionamento del Sole che ci daranno l’opportunità di risolvere altri problemi della fisica solare e stellare». Nel frattempo Parker continua ad avvicinarsi sempre di più alla nostra stella fornendo nuove occasioni per mettere alla prova e convalidare un numero sempre maggiore di teorie.