Anteprima serale per il documentario Lunar City al festival del cinema di Roma lo scorso venerdì 25 ottobre.

Il documentario prodotto e diretto da Alessandra Bonavina e distribuito dalla Vision distribution con Universal affronta il tema della prossimo ritorno umano sulla luna con il progetto Artemide della Nasa. Lo fa dal punto di vista delle persone e degli uomini che stanno operando perché questo progetto, così ambizioso e che Trump ha voluto molto più rapido del previsto, sia reso possibile.

Seconda tappa dopo il documentario Expedition sulla missione dell’Agenzia Spaziale Italiana Vita, in questi 60 minuti di proiezione, la regista ci svela le modalità di approccio, di studio e di analisi della NASA, nel progettare una stazione spaziale orbitante la Luna e le possibili modalità con cui l’uomo può da essa allunare e tornare.
La verifica puntuale tramite la realtà virtuale o anche semplicemente la configurazione fisica di quello che potrà essere un modulo, per testarne le reali possibilità e quelle che potrebbero essere soprattutto le difficoltà una volta in orbita. Se non eliminare il rischio di problemi ridurli al minimo. Senza dimenticare il comfort che si deve ad un astronauta. Chi lavora al progetto Artemide è infatti consapevole che è solo uno step iniziale per portare l’uomo poi su Marte.

E se la stazione spaziale è solo a poche ore dalla terra e la luna a qualche giorno e quindi facilmente entrambe raggiungibili, Marte impone un viaggio di oltre 6 mesi e soprattutto una permanenza obbligata sul suo suolo per almeno un anno, anno e mezzo.

È per questo che nulla può essere lasciato al caso e il documentario, con puntualità senza però essere pedante, ci trasmette la difficoltà dei progetti spaziali che spesso si risolvono nell’immaginario pubblico con l’icona dell’astronauta.

Un progetto Artemide che ha sicuramente nella NASA il primo attore. Ma che vede la partecipazione di quanti hanno contribuito alla stazione spaziale internazionale, tra cui l’Europa attraverso l’agenzia spaziale europea. Il documentario evidenzia come in questa Europa, l’Italia rappresenti un partner peculiare per progetti spaziali di questo genere, tanto da portarla ad avere un rapporto “individuale” con la NASA, fatto testimoniato nel documentario e confermato, a documentario girato, dall’accordo recentemente siglato tra l’agenzia spaziale italiana è la NASA durante il recente International Astronautical Congress di Washington.

Non manca quindi nel documentario una parentesi dedicata all’industria italiana e alla sua agenzia spaziale nelle relazioni con gli Stati Uniti, relazioni ricordate e sottolineate dai diversi interlocutori della regista durante il suo periodo negli Stati Uniti e nelle varie basi dell’agenzia spaziale americana, a partire dal suo amministratore Jim Bridenstine che guida la stessa da 3 anni.

Un viaggio nello spazio insomma quando si è ancora a terra, quando va tutto deciso, quando si pianifica il successo di un progetto, di un programma così ambizioso. Ed è quindi stato inevitabile quanto dovuto che il documentario rendesse inizialmente omaggio a quell’impresa che 50 anni fa cambiò la prospettiva del genere umano nell’ambito dell’esplorazione spaziale.

Il documentario è stato realizzato in collaborazione con la NASA grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana che ha patrocinato il progetto insieme all’Ambasciata statunitense in Italia e al Centro Studi Americani e sarà nelle sale cinematografiche il prossimo febbraio.