Si trova a oltre 14 miliardi di chilometri di distanza ed è molto difficile da studiare: la remota protagonista di un nuovo studio di The Astrophysical Journal è una regione di confine del Sistema Solare, nota come elioguaina (heliosheath). Le sue dinamiche rivestono particolare interesse per la comunità scientifica, soprattutto per capire come il Sole interagisca con lo spazio interstellare. Gli autori dello studio (articolo: “Heliosheath Properties Measured from a Voyager 2 to Voyager 1 Transient”) si sono soffermati sulla pressione dell’elioguaina, misurata per la prima volta in maniera efficace grazie ai dati raccolti dalle due sonde Voyager, attive dal 1977; al momento delle osservazioni, la Voyager 1 si trovava già nello spazio interstellare, mentre la 2 era ancora nell’elioguaina (immagine in basso). Questa pressione – derivante dalle interazioni tra il plasma, i campi magnetici e le particelle come gli ioni, gli elettroni e i raggi cosmici – è risultata più elevata di quanto si ritenesse.
Il gruppo di lavoro, coordinato dal Dipartimento di Scienze Astrofisiche dell’Università di Princeton, si è basato sui dati relativi ai raggi cosmici galattici (un tipo di particelle altamente energetiche), giovandosi inoltre della particolare posizione in cui si trovavano le Voyager e di un evento solare che si è verificato al momento giusto. Le particelle connesse a questa pressione, riscaldate ed accelerate dal Sole, creano l’eliosfera, vale a dire una sorta di enorme ‘pallone’ che si estende per milioni di chilometri oltre Plutone; l’orlo di questa regione, dove l’azione del Sole vede la prevalenza della pressione di particelle da altre stelle e dallo spazio interstellare, segna il limite dell’influenza magnetica della nostra stella. L’evento che si è rivelato di grande utilità per gli astronomi è noto come Gmir (Global Merged Interaction Region) ed è dovuto all’attività del Sole: la stella madre del nostro sistema planetario periodicamente si infiamma e rilascia delle enormi raffiche di particelle, un po’ come avviene come nelle emissioni di massa coronale. Quando questi flussi di particelle viaggiano nello spazio possono fondersi in un fronte gigante, creando un’ondata di plasma che viene sospinta dai campi magnetici; Voyager 2, a metà 2012, ha captato proprio una di queste onde che aveva raggiunto l’elioguaina.
L’onda in questione ha provocato un temporaneo calo dei raggi cosmici galattici e una simile decrescita è stata riscontrata, quattro mesi dopo, anche nelle osservazioni effettuate da Voyager 1 appena dopo il confine del Sistema Solare, nello spazio interstellare. Gli scienziati hanno notato che i dati delle due sonde riportavano valori differenti per la diminuzione dei raggi cosmici galattici: nel caso di Voyager 2, il calo è avvenuto intorno alla sonda in tutte le direzioni, mentre Voyager 1 lo ha registrato solo per quei raggi che si muovevano perpendicolarmente al campo magnetico della regione. Tenendo presente che Voyager 2 si trovava nell’elioguaina e che la 1 era già fuori dal Sistema Solare, gli astronomi attribuiscono la differenza osservata a un qualche fenomeno, ancora sconosciuto, che avviene quando l’onda attraversa il limite del Sistema Solare. Secondo gli autori del saggio, studiare le proprietà di questa regione di confine può essere utile anche per comprendere le dinamiche che si verificano in altri sistemi planetari e intorno ad altre stelle.
La posizione delle due sonde Voyager rispetto all’elioguaina (Credits: Nasa’s Goddard Space Flight Center/Mary Pat Hrybyk-Keith)