Il ruolo degli eventi astronomici sull’evoluzione della vita sulla Terra sembra assumere un importanza sempre più rilevante.

Oggi un nuovo studio guidato da ricercatori dell’Università di Lund in Svezia afferma che una collisione avvenuta 470 milioni di anni fa nella fascia degli asteroidi avrebbe innescato drastici cambiamenti sul nostro pianeta, tali da aver modificato il clima terrestre e il corso del processo evolutivo della vita.

Secondo la ricostruzione effettuata dai ricercatori, l’esplosione di un asteroide ampio 150 km situato tra Marte e Giove avrebbe diffuso nel sistema solare interno enormi quantità di polvere. L’effetto oscurante della polvere avrebbe parzialmente impedito alla luce solare di raggiungere la Terra, dando inizio a un’era glaciale.

Ciò avrebbe causato importanti cambiamenti soprattutto sul clima che gli scienziati ritengono fosse abbastanza omogeneo su tutto il globo, prima dell’evento. L’estesa nube di polvere avrebbe invece dato vita a una diversificazione climatica a seconda della zone: dalle condizioni artiche ai poli, a quelle tropicali all’equatore.

L’elevata biodiversità negli invertebrati sarebbe derivata da un adattamento al nuovo clima, innescato dall’asteroide esploso. Determinanti per la formulazione di questa ricostruzione sono state le misurazioni dell’elio extraterrestre incorporato nei sedimenti pietrificati del fondo marino a Kinnekulle, nel sud della Svezia.

Gli autori ritengono che lo studio possa essere rilevante per affrontare il problema del riscaldamento globale. Nell’ultimo decennio, i ricercatori hanno ipotizzato diversi metodi artificiali per raffreddare la Terra in caso di una catastrofe climatica. I modelli hanno dimostrato che sarebbe possibile posizionare gli asteroidi, proprio come i satelliti, in orbite attorno alla Terra in modo tale da liberare continuamente polvere fine e in questo modo riuscire a bloccare in parte la luce solare calda.

«I risultati mostrano per la prima volta che la polvere, in passato, ha effettivamente raffreddato la Terra in modo drastico. I nostri studi possono quindi fornire una comprensione empirica più dettagliata sul funzionamento di questo fenomeno, e questo a sua volta può essere usato per valutare se le simulazioni dei modelli sono realistiche», ha dichiarato Birger Schmitz, professore di geologia all’Università di Lund, a guida dello studio.