Per Saturno gli anelli sono il tratto distintivo per antonomasia, ma il gigante gassoso non ha l’esclusiva nel Sistema Solare: sebbene non siano così evidenti, li posseggono anche altri pianeti come, ad esempio, Urano. Gli anelli del settimo pianeta del Sistema Solare, un mondo ancora da scoprire, sono al centro di una recente ricerca, condotta da un team di astronomi dell’Università della California-Berkeley e dell’Università di Leicester (Regno Unito). Lo studio, in pubblicazione su The Astronomical Journal, è disponibile in pre-print sulla piattaforma arxiv.org (articolo: “Thermal Emission from the Uranian Ring System”). Il gruppo di lavoro ha effettuato le osservazioni degli anelli con i telescopi Alma e Vlt dell’Eso, che sono stati in grado di stimare anche la temperatura degli anelli. I dati termici hanno permesso agli astronomi di cogliere ulteriori particolari di queste strutture, osservabili perché riflettono un po’ di luce nel visibile e nel vicino infrarosso. Al momento, sono stati contati in tutto 13 anelli intervallati da alcune fasce di polvere; la loro temperatura è pari a 77 Kelvin.
Tra di essi spicca ε (epsilon), l’anello più scintillante e denso, che, in base ai dati di Alma e Vlt, appare di struttura differente rispetto a quelli di Saturno. Questi ultimi, infatti, sono molto ampi, luminosi e hanno una vasta gamma di particelle di diverse dimensioni, da quelle che misurano decine di metri (negli anelli principali) a quelle di pochi micron (nell’anello D, il più interno). Anche gli anelli di Giove e di Nettuno si presentano differenti da quelli del gigante ghiacciato: i primi contengono soprattutto particelle piccolissime, mentre i secondi sono costituiti essenzialmente da polveri. Gli anelli principali di Urano, come ε, presentano invece oggetti rocciosi e corpuscoli grandi come una palla da golf, ma non particelle piccole, come era stato rilevato anche dalla sonda Voyager 2 nel fly-by del 1986: gli studiosi si stanno interrogando su questo particolare e hanno ipotizzato che il materiale minuto dev’essere stato spazzato via da qualche fenomeno esterno oppure si dev’essere agglomerato insieme. Una riposta potrebbe provenire dallo studio della composizione degli anelli, anche per capire se essi derivino da una stessa sorgente o siano diversi l’uno dall’altro.
Gli anelli, infatti, potrebbero essere stati originati da antichi asteroidi catturati dalla gravità di Urano, da resti di lune che si sono scontrate o hanno subito l’influenza gravitazionale del pianeta oppure potrebbero essere costituiti da materiale risalente all’epoca della formazione del Sistema Solare. Inoltre, gli anelli di Urano hanno un’albedo molto più bassa rispetto a quelli di Saturno (sono piuttosto dark) e sono estremamente sottili: l’anello ε ha una larghezza che oscilla tra 20 e 100 chilometri, mentre quelli del gigante gassoso raggiungono valori anche di migliaia di chilometri. Gli autori del paper ritengono che l’indagine schiuda nuovi scenari di ricerca su un pianeta che è ancora relativamente inesplorato e contano sulla strumentazione del telescopio Webb (lancio previsto nel 2021) per osservazioni più approfondite.
(Immagine in alto, credits: Nrao/Aui/Nsf; S. Dagnello)