Ogni secondo che passa, l’universo in cui viviamo diventa più grande. Si tratta del fenomeno dell’accelerazione cosmica, ipotesi inizialmente controversa ma oggi accettata dalla maggior parte della comunità scientifica. Lo spazio presente tra una galassia e l’altra si sta progressivamente dilatando, e questo porta a un lento ma costante aumento dell’espansione dell’universo. Ma quanto velocemente avviene questa accelerazione? Si tratta di una domanda fondamentale per l’astronomia moderna, e i dati raccolti dai principali telescopi affermano che la velocità di espansione cosmica dovrebbe essere intorno ai 67 chilometri al secondo per megapersec.

Eppure nuovi dubbi su questa stima arrivano proprio da uno dei principali strumenti utilizzati per calcolare l’accelerazione dell’universo: il telescopio spaziale Hubble della Nasa. Le ultime misurazioni effettuate mostrano infatti che l’espansione sarebbe più rapida del previsto, 9% in più di quanto calcolato in precedenza.

Per giungere a questa conclusione i ricercatori si sono concentrati su una nostra vicina galattica, la Grande Nube di Magellano. Il potente occhio di Hubble ha analizzato la luce proveniente da circa 70 stelle contenute in questa galassia nana: a partire dalla variazione di luminosità, è stato possibile risalire alla distanza tra una stella e l’altra. Combinando questi dati con le osservazioni raccolte dal satellite Planck dell’Esa, gli scienziati sono così giunti a una nuova, possibile stima dell’espansione cosmica: 74 chilometri al secondo per megaparsec.

I risultati dello studio, accettati per la pubblicazione su The Astrophysical Journal, non chiudono certo il dibattito sulla velocità di accelerazione dell’universo. Al contrario, aprono ulteriori interrogativi: la nuova stima crea infatti una discrepanza tra il modello cosmologico dell’espansione universale dopo il Big Bang, su cui si basavano i calcoli precedenti, e le osservazioni sull’espansione attuale del cosmo.

“Non si tratta semplicemente di disaccordo tra esperimenti – commenta Adam Riess della Johns Hopkins University, leader dello studio – ma di due misure fondamentalmente diverse. Una è la misura della velocità di espansione dell’universo oggi, come possiamo vederla. L’altra è una previsione basata sulla fisica del giovane universo e sui calcoli di quanto rapidamente si sarebbe dovuto espandere. Se questi due valori non coincidono, allora è molto probabile che ci manchi un tassello nel modello cosmologico che adottiamo per spiegare l’evoluzione del nostro universo.”