Mentre continua l’impresa di SpaceX di mandare nello spazio vettori parzialmente riciclati, un team di ingegneri da Scozia e Ucraina propone una nuova famiglia di razzi il cui motore è in grado di auto-distruggersi dopo il lancio
Giulia Bonelli 4 giugno 2018
L’usato sicuro di SpaceX è ormai una garanzia: da oltre un anno la compagnia di Elon Musk ha dimostrato la possibilità di lanciare un satellite con un vettore già utilizzato in precedenza. Per essere precisi, riciclando una parte del razzo, il primo stadio del Falcon 9. La nuova conferma è arrivata oggi 4 giugno, con il lancio del satellite per le telecomunicazioni Ses-12, partito alle 6:45 italiane dalla base di Cape Canaveral. Il primo stadio del Falcon 9 era già stato utilizzato lo scorso 7 settembre, durante un test orbitale dell’Air Force. Il satellite si è separato con successo dallo stadio superiore del vettore 32 minuti dopo il lancio.
Da sempre tra le priorità di SpaceX, la nuova era del riciclo dei razzi ha prima di tutto lo scopo di ridurre i costi delle missioni, offrendo così prezzi più bassi alle aziende per le telecomunicazioni e rendendo i lanci molto più frequenti. Si tratta di una rivoluzione del settore privato compiuta negli ultimi 15 anni – un periodo relativamente breve per l’industria spaziale. E SpaceX promette di bruciare ulteriori tappe grazie alla sua ultima creatura, Falcon Heavy, che ha debuttato lo scorso febbraio mandando in orbita la Tesla rosso ciliegia di Musk. Il lancio, concluso con il recupero di due dei tre booster che accompagnavano il primo stadio del lanciatore, ha aperto la strada al futuro riutilizzo del razzo per carichi pesanti in future missioni, non solo commerciali.
Ma mentre il mercato del riciclo spaziale va avanti a gonfie vele, c’è anche chi propone soluzioni alternative per il futuro dei razzi low cost. Si tratta dell’idea di un team di ingegneri dell’Università di Glasgow e dell’Università di Oles Honchar Dnipro in Ucraina, che ha progettato il primo lanciatore ‘autofago’. Si tratta di un razzo che ‘si mangia da sé’, in grado di trasportare piccoli satelliti nello spazio più facilmente e a prezzi ancora più contenuti. Il progetto è descritto nello studio Autophage Engines: Toward a Throttleable Solid Motor, appena pubblicato su Journal of Spacecraft and Rockets. La proposta di un razzo il cui motore si auto-distrugge nasce dalla valutazione sulla grande quantità di propellente necessaria per far partire i razzi – e nel caso di SpaceX, per farli tornare. Per i vettori ‘autofagi’, basterebbe solo il carburante necessario a rilasciare i satelliti, mentre l’auto-distruzione del motore aiuterebbe anche a risolvere in parte il problema dei detriti spaziali. Resta da valutare la sostenibilità ambientale del progetto, e le eventuali fonti di inquinamento prodotte da questi nuovi razzi usa e getta.