Era il 4 luglio di cinque anni fa quando l’esistenza del bosone di Higgs, la cosiddetta “particella di Dio”, teorizzata nel 1964 dal fisico teorico Peter Higgs è stata dimostrata sperimentalmente al Cern di Ginevra.
Secondo la teoria di Higgs, il bosone conferirebbe a tutte le altre particelle la massa, creado la materia dell’universo fisico che conosciamo e dimostrerebbe la validità della teoria nota come Modello Standard della fisica delle particelle.
Dopo cinquanta anni di inseguimenti, a produrla è stato il famoso Lhc (Large Hadron Collider), il più potente acceleratore di particelle del mondo, nel suo anello sotterraneo di 27 chilometri capace di far scontrare protoni a velocità prossime a quelle della luce.
A “fotografare” le sue tracce sono stati due esperimenti situati nei punti di collisione fra i protoni: Atlas e Cms, guidati dagli italiani Fabiola Gianotti e Guido Tonelli.
La scoperta è stata premiata nel 2013 con il Nobel per la fisica agli scienziati Peter Higgs e François Englert ed è di fondamentale importanza perchè confermerebbe la teoria di fisico teorico da cui ha preso il nome, secondo la quale il vuoto è caratterizzato da proprietà fisiche. I risultati, secondo gli scienziati del Cern, fornirebbero ulteriori spiegazioni sull’origine della massa delle particelle subatomiche.