di Davide Patitucci
Dai resti di un’esplosione di supernova possono nascere nuovi pianeti. Lo afferma un team di scienziati britannici dell’university of Cardiff e dell’Astronomy technology centre di Edimburgo. I dettagli sono illustrati in uno studio pubblicato su Monthly notices of the royal astronomical society: letters, e presentato al National astronomy meeting 2017.
Gli studiosi hanno, in particolare, analizzato cosa accade attorno a una stella di neutroni, o pulsar, ciò che resta di una stella esplosa come supernova. I primi esopianeti scoperti circa un quarto di secolo fa sono stati individuati proprio attorno a una pulsar. La loro presenza altera, infatti, i tempi di arrivo degli impulsi radio della pulsar, permettendone l’identificazione indiretta. La presenza di esopianeti in orbita intorno a stelle di neutroni è considerata piuttosto rara.
Ma come fanno a formarsi questi pianeti dopo l’esplosione di una supernova? Gli scienziati britannici hanno studiato la pulsar Geminga, a circa 800 anni luce nella costellazione dei Gemelli, scoperta dall’astrofisico italiano Giovanni Bignami, scomparso a maggio. Per osservare Geminga, hanno utilizzato il James Clerk Maxwell telescope (Jcmt) delle Hawaii.
Sono, così, riusciti a osservare la pulsar nell’atto di catturare materiale dal mezzo interstellare, per la formazione di nuovi pianeti. L’immagine che hanno osservato è un arco che circonda la stella di neutroni. Dai loro calcoli hanno stimato che la quantità di materiale è circa due volte la massa della Terra. La tappa successiva sarà adesso osservare Geminga con l’Atacama large millimeter/submillimeter array (Alma), per catturare maggiori dettagli.