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Vermi e insetti potrebbero rappresentare un’opportunità per la dieta degli astronauti, in particolare per le missioni di lunga durata.

Non occupano spazio, hanno bisogno di poca acqua, si riproducono velocemente e sono fonte di proteine, acidi grassi, ferro, zinco e vitamine del gruppo B, con valori paragonabili o superiori a quelli di carne, pesce e legumi. Fanno parte dei sistemi alimentari più sostenibili. Sulla Terra sono oltre 2mila le specie che già fanno parte della dieta umana, sia per i valori nutrizionali, sia per il gusto.

Per questo motivo l’Agenzia Spaziale Europea sta avviando nuove ricerche per comprendere se gli insetti potranno realmente entrare a far parte dei menù spaziali. Sulla rivista Frontiers in Physiology è stato pubblicato un nuovo studio.

«Gli insetti sembrano adattarsi piuttosto bene agli ambienti spaziali. Hanno una buona capacità di resistere agli stress fisici – ha spiegato Asa Berggren dell’Università di Uppsala, in Svezia, e prima autrice dello studio – Questi piccoli animali sono anche molto bravi a convertire materiali che noi umani non possiamo mangiare, mentre loro crescono, potrebbero fornirci cibo nutriente». Il risultato principale della ricerca è che questo tipo di invertebrati rappresenta un potenziale per il riciclo di nutrienti e la produzione di proteine ​​in modo sostenibile.

Altri esperimenti erano stati fatti in passato. Nel 1947, a bordo di un razzo V-2, il moscerino della frutta fu il primo insetto a completare l’intero ciclo vitale in microgravità. In seguito, gli stessi esperimenti furono compiuti su bombi, mosche, bruchi e formiche. Tra i vari organismi osservati, i tardigradi sono quelli più resistenti e studiati. A partire dall’esperimento dell’Esa del 2007 ‘Tardigradi nello spazio’, fino a quello della Nasa Cell Science-04 del 2021. Nel frattempo, questi invertebrati, soprannominati anche ‘orsi d’acqua’ o ‘maialini da muschio’ secondo dove vivono, sono anche diventati gli unici possibili sopravvissuti di una missione del 2019 che si schiantò sulla Luna, il lander israeliano Beresheet.

Sebbene la ricerca non abbia ancora un quadro chiaro di come la microgravità influenzi questi organismi, le nuove indagini apriranno prospettive inedite alle bioscienze.

 

Crediti immagine: Esa, Raimond Spekking