Se mettiamo una mano accanto a una fiamma, sentiamo il calore aumentare; allontanandola, percepiamo la temperatura diminuire. È la regola più semplice e intuitiva della fisica quotidiana: più ci si allontana da una fonte di calore, più la temperatura tende gradualmente ad abbassarsi. Regola che però, nel caso del Sole, viene misteriosamente infranta.
Nel cuore della nostra stella, dove avvengono le reazioni di fusione nucleare, la temperatura raggiunge decine di milioni di gradi. Spostandosi invece verso la fotosfera, la superficie visibile del Sole, si ‘raffredda’ fino a circa 6000 °C. Fin qui tutto sembra logico. Eppure, appena oltre questo strato la temperatura torna improvvisamente a salire fino a superare il milione di gradi nella corona, l’atmosfera più esterna e rarefatta del Sole. Questo paradosso, noto come problema del riscaldamento coronale, è rimasto irrisolto per decenni. Da oltre ottant’anni, infatti, gli astrofisici si chiedono come sia possibile che una regione così lontana dal nucleo sia più calda della superficie stessa e da dove provenga l’energia che mantiene la corona a temperature così estreme.
Una delle spiegazioni più promettenti era collegata a un’ipotesi formulata negli anni Quaranta dal fisico svedese Hannes Alfvén, che per questa scoperta vinse poi il Premio Nobel per la Fisica. Alfvén propose l’esistenza di oscillazioni magnetiche in grado di trasportare energia attraverso il plasma, agendo come canali di trasferimento dell’energia magnetica generata sotto la superficie verso gli strati più esterni della corona.
In un ambiente turbolento come quello solare, l’unica modalità ‘pura’ di propagazione delle onde di Alfvén è di tipo torsionale: le linee del campo magnetico si attorcigliano su sé stesse, come il filo di un vecchio telefono. Versioni su grande scala di queste onde erano state già osservate in relazione ai brillamenti solari, ma non era mai stata trovata una controparte su piccola scala e costante nella corona in condizioni di quiete, lì dove non avvengono le eruzioni o esplosioni.
Ora, grazie al telescopio solare Daniel K. Inouye Solar Telescope e al suo strumento più innovativo, il Cryogenic Near Infrared Spectropolarimeter, è stato possibile ‘guardare’ direttamente la corona in luce infrarossa ad altissima risoluzione. In questo modo è stato possibile misurare minuscoli movimenti del plasma e rivelare le torsioni magnetiche caratteristiche delle onde di Alfvén. Questa osservazione rappresenta la conferma diretta di un fenomeno previsto da decenni ma mai osservato prima, e potrebbe essere alla base del meccanismo che alimenta l’energia del Sole.
Le ampiezze delle onde misurate sono piccole, ma gli scienziati ritengono che siano sottostimate, poiché la linea di vista del telescopio attraversa molte strutture sovrapposte, che ‘diluirebbero’ il segnale. Nonostante ciò, i dati indicano che questi moti ondulatori trasportano quantità di energia significative, probabilmente sufficienti a spiegare sia il riscaldamento della corona sia l’accelerazione del vento solare. La scoperta, appena pubblicata su Nature Astronomy, si inserisce in un contesto di osservazioni complementari provenienti dalle missioni Parker Solar Probe della Nasa e Solar Orbiter di Esa.
Le due sonde, che viaggiano a distanze diverse dal Sole, hanno confermato che le onde magnetiche giocano un ruolo chiave nel trasferimento di energia dal Sole allo spazio interplanetario. Parker, in particolare, ha raggiunto una distanza di appena 6,1 milioni di chilometri dalla superficie solare, esplorando la cosiddetta regione di Alfvén. Le osservazioni hanno anche rivelato che l’ampiezza di alcune onde è talmente grande da rovesciare il campo magnetico in forma di zigzag, generando i cosiddetti switchbacks: bruschi cambiamenti di direzione che potrebbero essere l’impronta diretta delle onde di Alfvén torsionali.
Lo studio di questi meccanismi, osservati sul Sole ma che potrebbero essere comuni ad altre stelle, stimolerà nuove indagini su come queste oscillazioni si propagano e dissipano energia nella corona solare aiuteranno anche a anche a prevedere meglio le tempeste solari che possono interferire con satelliti, reti elettriche e sistemi di navigazione sulla Terra.
In apertura: la corona solare, una vastissima distesa di plasma che si estende nello spazio per milioni di chilometri, è più calda della superficie del Sole, superando infatti il milione di gradi. Crediti: Nasa/Sdo.




