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Il telescopio Webb ha fotografato la stella nascosta dietro i ricchi gas della Nebulosa Farfalla offrendo un ritratto insolito della nebulosa planetaria tra le più affascinanti e studiate della nostra galassia.
Classificata anche come Ngc 6302, questo oggetto celeste era già stato immortalato da Hubble, il quale però, con i suoi strumenti nell’ultravioletto, nel visibile e nel vicino infrarosso, non era riuscito a scoprire la posizione della stella centrale.
Una nebulosa planetaria è ciò che resta di una piccola stella, con una massa compresa tra 0,8 e 8 volte quella del nostro Sole, giunta alla fine della sua vita e in una fase temporanea che dura circa 20mila anni. Dopo aver perso i suoi strati superficiali, l’astro resta con i suoi strati più interni, la cui alta temperatura carica il gas circostante (ionizzazione) e dà luogo a questi disegni di plasma.
La Nebulosa Farfalla si trova a 3400 anni luce dalla Terra, nella costellazione dello Scorpione; è considerata una nebulosa bipolare, con due lobi che si espandono in direzioni opposte, formando le ‘ali’ della farfalla. Una fascia scura di gas polveroso riproduce il ‘corpo’ della farfalla e nasconde la stella centrale che alimenta la nebulosa facendola brillare. La polvere di questa fascia allungata potrebbe essere responsabile della forma a insetto della nebulosa, che impedisce al gas di fluire uniformemente dalla stella verso tutte le direzioni.
Con gli strumenti ad alta risoluzione e nel medio infrarosso di Webb e le parabole radio di Alma (Atacama Large Millimeter Array) in Cile, gli astronomi sono riusciti a individuare la posizione della stella morente. La sua temperatura la rende una delle stelle centrali più calde scoperte in una nebulosa planetaria della nostra galassia.
Il telescopio spaziale è riuscito a individuare la dimensione e la composizione delle polveri. Il ‘corpo’ centrale è composto da silicati cristallini, come il quarzo, e da grani di polvere di forma irregolare. Le dimensioni dei grani, circa un milionesimo di metro, sono sufficientemente grandi da indicare che stanno crescendo da molto tempo. Oltre le ‘ali’, ferro e nichel tracciano una coppia di getti che esplodono dalla stella in direzioni opposte.
Il team ha individuato, inoltre, la luce emessa da molecole a base di carbonio: gli idrocarburi policiclici aromatici o Ipa. Questi formano strutture piatte e anulari che sulla Terra troviamo nel fumo dei falò, nei gas di scarico delle auto o nel pane tostato bruciato. Data la posizione degli Ipa all’interno della Nebulosa, i ricercatori ipotizzano che queste molecole si formino quando una ‘bolla’ di vento proveniente dalla stella centrale esplode nel gas che la circonda. Potrebbe essere la prima volta in assoluto che si osserva la formazione degli Ipa in una nebulosa planetaria ricca di ossigeno.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Curiosità: perché questi oggetti si chiamano Nebulose planetarie se non hanno niente a che fare con i pianeti? La confusione sui nomi iniziò alla fine del Settecento, quando gli astronomi (il primo a osservarne una fu William Herschel) pensavano che si trattasse di pianeti in formazione. Il nome rimase, anche se molte di esse non sono affatto rotonde. La Nebulosa Farfalla è un ottimo esempio delle diverse e straordinarie forme che queste nebulose possono assumere.
Immagine di copertina: la nebulosa planetaria Ngc 6302 vista da Webb e Alma Immagine nel testo: la nebulosa planetaria Ngc 6302 vista da HubbleCrediti: Esa/Webb, Nasa & Csa, M. Matsuura, J. Kastner, K. Noll, Alam (Eso/Naoj/Nrao), N. Hirano, J. Kastner, M. Zamani (Esa/Webb)