di Marco Galliani
Che fosse una supernova un po’ sui generis era saltato subito agli occhi esperti dei ricercatori della collaborazione Pessto che per primi, il 24 settembre del 2014, avevano raccolto lo spettro dell’oggetto transiente denominato Ogle-2014-Sn-073, o più semplicemente Ogle14-073, con il telescopio Ntt a La Silla, in Cile. Una prima analisi dati mostrava le caratteristiche tipiche di una supernova di tipo II piuttosto standard, ma allo stesso tempo una luminosità intrinseca davvero stupefacente: 10 volte maggiore di una tipica supernova di quella classe. Ma c’era di più. Lo spettro che ha permesso la classificazione di Ogle14-073 è stato ottenuto circa quaranta giorni dopo il primo avvistamento dell’oggetto, mentre le velocità e le temperature ricavabili erano tipiche di una supernova a soli 15 giorni dopo l’esplosione. L’evento dunque sembrava avere una evoluzione molto più lenta del previsto.
Ulteriori indagini hanno portato a raccogliere altri 7 spettri nell’arco di 170 giorni che hanno sorprendentemente rivelato come Okle14-073 non abbia avuto una evidente evoluzione. «Questi dati ci hanno letteralmente spiazzato» commenta Giacomo Terreran, all’epoca studente di dottorato fra le Università di Belfast e di Padova e ora ricercatore alla Nortwesthern University di Chicago, che ha guidato lo studio pubblicato su Nature Astronomy e che ha visto coinvolti anche vari ricercatori dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Tipicamente, già dopo un mese una tipica supernova di tipo II inizia a mostrare nel suo spettro la presenza di altri elementi chimici oltre all’idrogeno, soprattutto metalli del gruppo del ferro. Gli spettri di Ogle14-073 invece sono rimasti praticamente immutati per tutto il tempo. La curva di luce inoltre ha assunto una forma a campana tipica di eventi peculiari, come la celeberrima Sn 1987A, anche se molto più luminosa, e sensibilmente più larga».
Per cercare di spiegare questo insolito comportamento, il team ha utilizzato simulazioni al calcolatore basate su un modello teorico sviluppato dai Maria Letizia Pumo (Univeristà di Catania e Inaf Catania) e Luca Zampieri (Inaf Padova). «Le nostre simulazioni ci indicano che la quantità di materiale espulso dalla supernova è moltissimo, una massa pari a 60 volte quella del nostro Sole. Un valore completamente fuori scala, così come l’energia totale emessa, rispetto ai normali parametri che ci si possono aspettare da supernove di tipo II» dice Pumo. «Appare dunque evidente come Ogle14-073 non sia spiegabile attraverso il meccanismo standard del collasso del nucleo e dell’esplosione causata dal parziale trasferimento dell’energia cinetica dei neutrini, ossia lo scenario che viene di solito invocato per questo tipo di eventi».
Guardando con occhio critico gli altri episodi osservati in passato, i ricercatori hanno individuato almeno altre tre supernove di tipo II che sembrano sfidare tale meccanismo “classico” suggerendo che, tra esse, sia possibile ipotizzare l’esistenza di una classe distinta di eventi caratterizzati da alte energie di esplosione. Eventi che potrebbero essere prodotti dalla cosiddetta instabilità di coppia (pair-instability supernovae), un “esotico” meccanismo a lungo teorizzato e mai osservato con assoluta certezza, ma anche dal trasferimento estremamente rapido di energia al materiale espulso proveniente da una magnetar in rapidissima rotazione, ossia una stella di neutroni con un campo magnetico estremamente intenso, formatasi al momento del collasso della stella progenitrice. Lo studio non è riuscito a risolvere definitivamente l’ambiguità sull’effettivo meccanismo che ha fatto esplodere Ogle-073 ma l’idea che possa essere una supernova a instabilità di coppia resta ancora molto intrigante.
«In ogni caso, i dati raccolti mostrano piuttosto evidentemente che il progenitore di Ogle14-073 dovesse essere molto più massiccio dei tipici progenitori delle supernove di tipo II» aggiunge Stefano Benetti, dell’Inaf di Padova, che ha partecipato allo studio. «Stelle così massicce tendono a perdere massa velocemente nell’arco della loro vita, liberandosi di tutto l’idrogeno e a volte di tutto l’elio, presente nei loro strati più esterni.
Sorprendentemente invece il progenitore di Ogle14-073 è rimasto massiccio, trattenendo una grande quantità di idrogeno. Inoltre, malgrado l’incertezza nell’individuazione di un preciso meccanismo di esplosione, appare chiaro che è necessario invocare un meccanismo alternativo ai neutrini per spiegare l’alta energia di Ogle14-073». Sono state osservate altre supernove iperenergetiche in passato, ma mai che siano allo stesso tempo così energetiche e che abbiano espulso così tanto materiale.
«Ogle14-073 è un oggetto unico e stiamo ancora studiando altri meccanismi che siano in grado di riprodurre le sue caratteristiche peculiari» conclude Terreran. «Quando era stata classificata, Ogle14-073 sembrava una “noiosa” supernova di tipo II, come se ne individuano a centinaia in un anno. Ma con il passare del tempo si è rivelata essere una supernova con caratteristiche uniche. In futuro (e soprattutto con l’avvento della prossima generazione di telescopi) si scopriranno molti altri oggetti simili a Ogle14-073. La speranza è di riuscire ad individuarli per tempo e a pianificare una campagna più mirata a questo tipo di eventi, con lo scopo di capire quale sia il meccanismo in grado di far esplodere stelle così massicce e con una energia tanto alta».
Per saperne di più:
Leggi su Nature Astronomy l’articolo Hydrogen-rich supernovae beyond the neutrino-driven core-collapse paradigm