Secondo un nuovo studio condotto da un team di ricercatori europei della University College London (ULC) la dimensione degli esopianeti – e non la loro massa -sembrerebbe essere un fattore chiave nel determinare la loro composizione atmosferica. L’analisi è stata condotta su un gruppo di trenta esopianeti che orbitano intorno a stelle lontane, e ha portato a notevoli risvolti per quanto riguarda la classificazione e i meccanismi di formazione dei pianeti. I risultati sono stati presentati ieri all’European Planetary Science Congress. «Nel corso degli anni sono stati scoperti oltre 3.000 esopianeti, ma finora abbiamo studiato le loro atmosfere individualmente, caso per caso» ha dichiarato Angelos Tsiaras, autore principale della ricerca. «Questo tipo di studio è essenziale per comprendere la popolazione globale di questi mondi extrasolari».
I ricercatori hanno utilizzato i dati di Hubble, lo storico telescopio Nasa-Esa, per recuperare profili spettrali dei trenta esopianeti e analizzare le caratteristiche dei gas presenti nelle loro atmosfere. I risultati suggeriscono che la composizione atmosferica dei pianeti extrasolari più grandi sembrerebbe essere più facile da determinare e che la loro massa non sembrerebbe essere un fattore importante in questo campo. Ciò indica che l’attrazione gravitazionale di un pianeta ha un effetto minore sulla sua evoluzione atmosferica. L’indagine ha rilevato con successo l’atmosfera di 16 ‘Hot Jupiter’ scoprendo la presenza di vapore acqueo in tutti i casi analizzati. In due di essi, in particolare, con temperature che superano i 1700 gradi, è stata rilevata anche la presenza di ossido di titanio e ossido di vanadio.
«Per comprendere la formazione dei pianeti extrastrasolari dobbiamo studiarne un numero maggiore. Trenta sono solo l’inizio» ha dichiarato Ingo Waldmann, co-autore dello studio. «Questa analisi è un grande passo avanti rispetto alle precedenti. Stiamo lavorando al lancio di missioni spaziali dedicate allo studio degli esopianeti, affinchè, nel prossimo decennio, possiamo aumentare il numero dei pianeti extrasolari studiati, arrivando a centinaia, o addirittura, a migliaia».