Rivelati nuovi dettagli sulle caratteristiche del sottosuolo e dell’attività vulcanica di Marte.
Lo studio è stato presentato nel corso dell’Europlanet Science Congress (Epsc) a Berlino ed è stato condotto dall’Università Tecnica di Delft. Il paper esamina le strutture nascoste sotto ai sedimenti dell’antico oceano che un tempo era presente sul Pianeta Rosso.
Lo studio ha utilizzato dati sulla gravità provenienti da varie missioni per rivelare le caratteristiche sotterranee che si celano sotto le pianure polari di Marte. Queste ultime potrebbero avere origine vulcanica o essere ciò che resta degli impatti dei meteoriti e hanno una densità di circa 300-400 kg/m³, superiore a quella dell’ambiente circostante.
Il team olandese ha utilizzato i dati satellitari per sondare il campo gravitazionale di Marte, creando una mappa globale della densità che integra i dati della missione InSight della Nasa. Questa mappa evidenzia la complessa distribuzione della massa all’interno del pianeta e fornisce nuove informazioni sulla storia geologica di Marte.
I risultati hanno anche implicazioni significative per gli studi sull’Olympus Mons, il vulcano più grande del Sistema Solare. Lo studio ha rivelato una vasta area a bassa densità, larga circa 1.750 chilometri e profonda 1.100 chilometri sotto l’Altopiano di Tharsis, che con molta probabilità sta contribuendo all’innalzamento di questa enorme regione vulcanica. Secondo gli scienziati i processi attivi nel mantello, per via della presenza di un’enorme placca di magma, stanno giocando un ruolo nell’attività vulcanica marziana.
Il team di ricercatori ritiene che la missione Martian Quantum Gravity (MaQuls) basata sulle tecnologie delle sonde Grail e Grace della Nasa, potrebbe essere in grado di fornire una mappa più dettagliata della gravità marziana. Un satellite con queste caratteristiche potrebbe monitorare diversi fenomeni, come i cambiamenti stagionali dell’atmosfera o la rilevazione dell’acqua nel sottosuolo, fornendo dati cruciali per le esplorazioni robotiche e umane del futuro.
Crediti immagine: Nasa