Un tempo sul pianeta rosso scorreva acqua. Ormai gli scienziati sono certi del passato ‘umido’ di Marte e i nuovi dati provenienti dalle sonde marziane continuano a confermare la presenza di strutture scolpite da antichi corsi d’acqua. L’erosione del terreno ha fatto emergere nel corso del tempo depositi di ghiaccio d’acqua presenti sotto la superficie a partire da uno o due metri di profondità fino a 100 metri. Il ghiaccio è un obiettivo fondamentale per la scienza e la geomorfologia moderne perché da esso è possibile risalire ai cambiamenti climatici che hanno investito il pianeta e a come sia cambiata e cambierà la sua abitabilità, e potrebbe essere una potenziale risorsa per l’esplorazione umana futura. Mentre è ormai noto che tracce di ghiaccio sono presenti in alcuni siti marziani, rimangono in sospeso molte domande circa la loro stratificazione, spessore ed estensione.
In un nuovo articolo pubblicato su Science, un team di scienziati dell’American Association for the Advancement of Science ha analizzato i dati della sonda Mars Reconnaissance Orbiter (Mro) individuando la presenza di ghiaccio sotto la superficie di otto aree distribuite attorno ad una zona erosa. Le fratture e gli angoli più ripidi indicano che il ghiaccio è coeso e solido. Inoltre le variazioni di colore suggeriscono che il ghiaccio contiene strati distinti che potrebbero essere utilizzati per comprendere i cambiamenti del clima marziano nel corso del tempo – gli stessi strati di ghiaccio si sono probabilmente formati dalla neve accumulata nel tempo. Poiché sulla superficie degli otto luoghi analizzati dal team sono presenti pochi crateri, gli autori ipotizzano che il ghiaccio si sia formato relativamente di recente. Le immagini scattate nel corso di tre anni rivelano enormi blocchi di roccia ghiacciata che in passato, durante l’erosione, sono caduti, portando i ricercatori a stimare che il ghiaccio si sia ritirato di alcuni millimetri anno per anno, estate dopo estate.
Le informazioni di MRO, lanciata da Cape Canaveral il 12 agosto 2005, sono state prese in considerazione anche nella prospettiva di missioni umane sul pianeta; uno dei principali strumenti a bordo della sonda, SHARAD (SHAllow RADar), è stato sviluppato in Italia e fornito alla NASA dall’Agenzia Spaziale Italiana come Facility Instrument.