Si trova nella Grande Nube di Magellano e ha stupito gli astronomi per la sua nursery stellare affollata da una inattesa pletora di ‘pesi massimi’, che possono influire notevolmente sul loro ‘vicinato’: stiamo parlando di 30 Doradus, comunemente nota come Nebulosa Tarantola, la più grande regione di formazione stellare vicina alla Via Lattea. Classificata anche con le sigle Ngc 2070C 103, la regione è stata al centro di una ricerca condotta da un team internazionale di scienziati coordinato dall’Università di Oxford. Lo studio è stato illustrato nell’articolo “An excess of massive stars in the local 30 Doradus starburst”, apparso recentemente su Science.

Gli astronomi hanno puntato su 30 Doradus lo sguardo elettronico del telescopio Vlt (Very Large Telescope) dell’Eso, nell’ambito della mappatura Vfts (Vlt-Flames Tarantula Survey), e hanno utilizzato i dati e i parametri fisici di 250 stelle di massa compresa tra 15 e 200 volte quella del Sole per calcolare la distribuzione degli astri massicci. Questa categoria di stelle è tenuta in grande considerazione dagli studiosi perché il loro percorso evolutivo può portare ad esplosioni spettacolari come supernove oppure alla formazione di buchi neri e stelle di neutroni. Si tratta inoltre di astri difficili da studiare, soprattutto a causa della loro scarsa diffusione; la loro misurazione, infatti, può essere effettuata solo in poche aree dell’Universo locale.

Durante la loro millenaria esistenza, queste stelle ‘abbondanti’ si fanno sentire con veemenza nei loro dintorni, producendo – in grande quantità – radiazioni ionizzanti ed energia cinetica attraverso intensi venti stellari; fenomeni di questo genere sono stati cruciali nel processo di re-ionizzazione dell’Universo, dopo la cosiddetta ‘età oscura’, e le loro conseguenze hanno inciso sui meccanismi di evoluzione delle galassie.  Secondo gli autori, lo studio condotto su 30 Doradus potrà avere importanti ricadute sulla comprensione dei processi che animano l’Universo: un numero così elevato di stelle massicce, infatti, si potrà tradurre in un incremento delle supernove, dei buchi neri, delle stelle di neutroni e, infine, delle radiazioni ionizzanti. La ricerca, comunque, lascia aperti numerosi interrogativi su cui il gruppo di lavoro intende condurre ulteriori approfondimenti, soprattutto per verificare se in altre ‘culle’ stellari vi siano popolazioni così vaste di stelle massicce che abbiano potuto influire sull’evoluzione del cosmo.