E’ molto diffusa nelle zone della Terra con clima temperato, presenta dei semplici fiorellini bianchi ed ha nel complesso un’aria alquanto dimessa, che però non le impedisce di avere un ruolo di primo piano in ambito scientifico. Stiamo parlando della Arabidopsis thaliana, nota come arabetta comune, una pianta erbacea che è ritenuta di grande interesse dai biologi quale organismo modello per la genetica e la biologia molecolare e cellulare dei vegetali; questa sua peculiarità l’ha resa protagonista di un esperimento di biologia a bordo della Stazione Spaziale. L’esperimento, svolto nel modulo Columbus con il sistema di coltura Emcs (European Modular Cultivation System) sviluppato dall’Esa, ha riguardato la coltivazione di piantine di arabetta per testare le sue capacità di crescita in un ambiente privo di gravità.
Le piantine sono state messe a dimora in cassette appositamente predisposte e sono state costantemente monitorate nel loro processo di germinazione e crescita. Gli esemplari sono stati raccolti dopo sei giorni e sottoposti a procedure di conservazione (anche tramite congelamento) e successivamente spediti sulla Terra per ulteriori indagini. I ricercatori dell’Esa, coadiuvati dai colleghi dell’Ames Research Center della Nasa, hanno studiato in tempo reale le immagini della crescita dell’arabetta e hanno condotto analisi genetiche e molecolari sui campionirientrati dallo spazio. In primis, i biologi si sono focalizzati su come l’assenza di gravità abbia condizionato l’andamento delle radici e su quali meccanismi siano stati messi in atto dalle piantine per sfidare questa criticità.
Le radici, naturalmente, non hanno puntato verso il basso come avviene sulla Terra e si sono orientate in direzioni casuali; in ogni caso sono cresciute, dimostrando che l’arabetta è riuscita a vincere una condizione di notevole stress ambientale e ad organizzarsi. I risultati ottenuti con queste umili piantine, secondo il team dell’esperimento, sono di grande rilievo nell’ottica di future missioni di lunga durata ed eventuali colonizzazioni perché mostrano che la microgravità non è l’ostacolo maggiore alla realizzazione di colture nello spazio. Inoltre, esperimenti di questo tipo presentano ricadute interessanti per l’agricoltura terrestre: comprendere come le piante rispondano a condizioni stressanti e come si adattino a livello genetico e molecolare può risultare di grande aiuto per migliorare le rese agricole in quelle aree della Terra particolarmente colpite dagli effetti del cambiamento climatico.