Si mostrano con una straordinaria ricchezza di forme e dimensioni, ma, guardando oltre l’aspetto esteriore, due fattori che le distinguono in maniera significativa sono il luogo in cui gli astri si affacciano alla vita e i processi sottesi a questa fase: sono le galassie, le cui aree di formazione stellare sono particolarmente al centro dell’attenzione della comunità scientifica. Un nuovo e vasto progetto di ricerca, che vede in prima linea il radiotelescopio Alma, è intento a chiarire le differenze tra le varie nursery: si tratta di Phangs (Physics at High Angular Resolution in Nearby GalaxieS), che, con una precisione senza precedenti, ha effettuato misurazioni a tappeto su circa 100mila ‘culle’ stellari situate in 74 galassie. I risultati ottenuti sinora dal progetto sono stati illustrati in alcuni articoli pubblicati su The Astrophysical Journal e sono stati presentati nel 233° convegno dell’American Astronomical Society, che si sta svolgendo in questi giorni a Seattle.
Phangs, ancora in corso, ha totalizzato 750 ore di osservazioni e ha permesso agli astronomi di avere una visione più chiara di come il ciclo di formazione degli astri può cambiare in base alle dimensioni, all’età e alle dinamiche interne di ogni galassia. Infatti, in alcune di esse le stelle ‘sbocciano’ a ritmo vertiginoso, mentre in altre regna la quiete perché la maggior parte del ‘carburante’ è stata già utilizzata; secondo gli studiosi impegnati nel progetto Phangs, l’origine di questi comportamenti diversi potrebbe essere ricondotta anche alle caratteristiche di base delle nursery stesse. Prima dell’entrata in gioco di Alma, erano state condotte indagini simili con altri telescopi, che non erano riusciti ad ottenere il livello di precisione del radiotelescopio cileno. Per localizzare le nursery, Alma si è focalizzato soprattutto sulle molecole di monossido di carbonio, molto efficaci nell’evidenziare tali zone.
Il quesito che tormentava particolarmente i ricercatori era il rapporto tra le dimensioni delle galassie e il tasso di formazione stellare: ad esempio, si riteneva che quelle più grandi fossero meno vivaci rispetto alle colleghe formato mignon. Ora, grazie agli strumenti all’avanguardia di Alma, gli astronomi possono effettuare un censimento vasto ed accurato per chiarire le interazioni tra le singole nubi molecolari, aree di elezione per la nascita degli astri, e le loro galassie ospiti; secondo il team di Phangs una buona parte degli aspetti ancora oscuri della formazione stellare è connessa al mezzo interstellare, ovvero la materia e l’energia situate nello spazio tra le stelle. Gli astronomi, inoltre, hanno compreso che nelle nursery si verificano dei processi con un andamento circolare che creano perturbazioni nel mezzo interstellare, come il collasso di riserve di gas denso da cui deriva il ‘la’ ai baby astri. Phangs ha ancora parecchia strada da fare: si prevede, infatti, che al termine del progetto le culle stellari osservate saranno circa 300mila, una cifra da record. Una vastità di tale portata è dovuta al fatto che il tempo astronomico e quello degli uomini si muovono su scale molto diverse: gli studiosi, ovviamente, non potranno mai osservare un intero ciclo di vita stellare, ma a questo limite si può ovviare puntando gli strumenti sulle migliaia di nursery che popolano l’Universo, in modo da poter cogliere l’esistenza di questi vivai in fasi differenti.