Il meteo fa ciclicamente le bizze sul ‘peso massimo’ del Sistema Solare e, per il 2019, si prevede l’arrivo di una nuova ondata di ‘maltempo’ che interesserà, ancora una volta, l’equatore del pianeta: sono le conclusioni cui è giunto un gruppo di planetologi dell’Università di Leicester, dopo aver scandagliato oltre 40 anni di dati ricavati dalle osservazioni di Giove. Il frutto di questo ampio lavoro di ricerca è stato illustrato nell’articolo “Infrared Characterization of Jupiter’s Equatorial Disturbance Cycle”, pubblicato su Geophysical Research Letters. Analizzando i dati (specie quelli relativi all’infrarosso) di numerosi osservatori e strumenti, il team della ricerca ha riscontrato il ripetersi di perturbazioni che hanno alterato l’equatore di Giove.
L’aspetto del corpo celeste è notoriamente caratterizzato dall’alternanza tra zone luminose e bande scure, elementi che possono cambiare nel corso del tempo a causa di fenomeni turbolenti: gli studiosi hanno notato che le strisce di Giove possono espandersi, contrarsi oppure sparire del tutto, in determinati lassi di tempo che sinora non erano stati molto tenuti in considerazione. La ricerca evidenzia che questi specifici eventi meteo all’equatore del pianeta si sono verificati quando la spessa coltre di nuvole, di solito incombente sulla zona, sembrava completamente diradata. I planetologi si sono particolarmente concentrati su un arco di tempo di oltre 3 anni giovani (un anno di Giove è pari a circa 12 anni terrestri) e hanno rilevato il ripetersi di una sorta di schema: ogni sei o sette anni le nubi equatoriali appaiono diradate, rendendo disponibile allo sguardo degli strumenti scientifici le profondità dell’atmosfera del pianeta. Le perturbazioni che spazzano via le nubi equatoriali hanno una durata di circa 12-18 mesi e si sono presentate con una certa regolarità in questi anni: 1973, 1979, 1992, 1999 e 2006. Gli studiosi, in base a questo schema, pensavano di individuare il fenomeno anche per il 1985 e il 2013, ma i dati hanno fornito esito negativo.
Tuttavia, considerando quanto avvenuto negli ultimi 45 anni, gli autori dell’articolo prevedono che nel 2019 la turbolenza possa presentarsi nuovamente, anche nei primi mesi dell’anno; tra l’altro, nelle immagini più recenti del pianeta, sono state notate alcune fratture che solcano le nubi equatoriali e che potrebbero essere foriere di una nuova perturbazione. Lo studio dell’Università di Leicester, sostenuto anche da European Research Council e Nasa, potrebbe avere ricadute interessanti per l’attività esplorativa che sta conducendo Juno. La sonda della Nasa, infatti, ha rilevato una colonna di ammoniaca che si innalza dall’equatore di Giove e, condensandosi, influenza la formazione delle nuvole in tale zona; i planetologi intendono tenere sotto controllo la colonna per verificare la presenza di cambiamenti in previsione dell’arrivo dell’eventuale perturbazione. Infine, il team ritiene che il lavoro svolto su questa vasta messe di dati possa essere utile anche per il compito che sta svolgendo Juno, in modo da poter inserire le sue osservazioni nel contesto storico più adeguato.