Il suo nome è Farout ed è un corpo celeste da record: è l’oggetto più distante mai osservato nel nostro Sistema solare. La scoperta, a firma di Scott Sheppard del Carnegie Science Institute, David Tholen dell’Università delle Hawaii e Chad Trujillo della Northern Arizona University, è stata annunciata ieri dal Minor Planet Center della International Astronomical Union.
Nome in codice 2018 VG18, l’oggetto è stato classificato come pianeta nano al pari del più famoso Plutone, che si trova a circa 34 Unità Astronomiche (UA). Farout invece supera il pianeta declassato di almeno tre volte e mezzo: dista infatti ben 120 UA, il che lo rende il più distante tra gli oggetti finora scoperti ai margini del sistema solare.
La scoperta è stata possibile grazie agli scatti del telescopio giapponese da 8 metri Subaru , situato in cima a Mauna Kea. Questo risultato si inserisce nell’ambito della caccia al famoso Pianeta X, da tempo nel mirino degli astronomi. A catturare le immagini di Farout è stato lo stesso team di ricerca che aveva immortalato Goblin 2015 TG387 – scoperto in prossimità delle festività di Halloween, da cui il nomignolo ispirato alla famosa maschera – e 2012 VP113, soprannominato Biden.
Ma mentre di Goblin e Biden i ricercatori hanno potuto ricostruire la traiettoria, di Farout per ora sappiamo che “è molto distante e lento rispetto a qualsiasi altro oggetto del Sistema solare, quindi ci vorranno alcuni anni per determinare completamente la sua orbita”, secondo le parole del primo autore Sheppard.
“Vista la sua distanza, la sua orbita è molto lenta – aggiunge il secondo autore Tholen – e probabilmente impiega più di 1000 anni per compiere un giro completo intorno al Sole”.
Frutto di una collaborazione internazionale, la ricerca è stata verificata grazie ai dati raccolti dal telescopio di Magellano, che ha confermato la distanza dell’oggetto. Le immagini raccolte dall’osservatorio di Las Campanas di Carniege in Chile hanno invece permesso di risalire al diametro di Farout, che si aggira intorno ai 500 chilometri, e di osservarne la luminosità. Questi ulteriori dati hanno fornito indizi sul colore del pianeta nano, una tonalità tendente al rosa, generalmente associata a oggetti ricchi di ghiaccio.
“Grazie alle fotocamere digitali a largo campo (wide field) montate su alcuni dei più grandi telescopi del mondo – concludeTrujillo del Northen Arizona Institute – stiamo finalmente esplorando i confini del nostro Sistema solare.”