Sfruttando le minuscole distorsioni rilevate nella radiazione cosmica di fondo, registrate dal satellite europeo Planck, un team di scienziati ha analizzato la connessione tra luminosità dei quasar – nuclei luminosi delle galassie attive – e la massa dell’ingombrante ‘alone’ di materia oscura che li circonda. Il risultato è un’importante conferma per la nostra comprensione dell’evoluzione delle galassie.
Un gran numero di ammassi stellari nell’Universo ospita buchi neri supermassicci, con masse comprese tra milioni e miliardi di volte la massa del Sole nei loro nuclei. La maggior parte di questi mostri cosmici sono ‘dormienti’, con poca o nessuna attività in corso. Solo l’1% dei buchi neri accresce la materia da ciò che li circonda a ritmi molto intensi. Questo processo di accrescimento fa sì che il materiale nelle vicinanze del buco nero risplenda luminosamente attraverso lo spettro elettromagnetico, rendendo queste galassie, o quasar, tra le fonti più luminose del cosmo.
Non è ancora chiaro quale sia il meccanismo che attivi i buchi neri, ma è probabile che i quasar giochino un ruolo importante nella storia dell’evoluzione delle galassie. Per questo motivo è fondamentale comprendere la relazione tra quasar, le loro galassie e l’ambiente che li circonda. Un nuovo studio condotto da un team dell’Università di Hertfordshire, nel Regno Unito, ha combinato i dati della missione Planck dell’ESA con il campionario di quasar più ampio mai realizzato per far luce su questo argomento affascinante.
Analizzando il cielo tra il 2009 e il 2013 Planck ha consentito al suo team di creare una mappa dettagliata della radiazione cosmica di fondo, consentendo così agli scienziati di perfezionare la nostra conoscenza dell’età, dell’espansione e della storia dell’Universo con un livello di accuratezza senza precedenti. Come sappiamo, le galassie prendono forma dalla materia ordinaria nei nodi più densi di quello che viene definito Cosmic Web, ovvero una rete immensa che permea l’Universo, fatta di tanti filamenti, dove ogni singolo filamento è a sua volta un insieme di gas, galassie e ammassi di galassie, e che circonda i vuoti dell’Universo stesso. La distribuzione sia della materia ordinaria che della materia oscura ha origine da piccole fluttuazioni nell’Universo primordiale che lasciano un’impronta nella radiazione cosmica di fondo, ovvero la prima radiazione che ha potuto propagarsi nell’universo dopo il Big Bang. Sappiamo che le galassie si formano e si evolvono all’interno di una sorta di ‘impalcatura’ invisibile di materia oscura che non possiamo osservare direttamente.
Grazie ai dati di Plank è stato possibile misurare le strutture invisibili della materia oscura in cui le galassie si formano e si evolvono, sfruttando l’effetto di lensing gravitazionale nella radiazione cosmica di fondo. I risultati mostrano che esiste una correlazione tra la luminosità di un quasar, l’energia che viene rilasciata nelle immediate vicinanze di un buco nero supermassiccio e la massa dell’ingombrante alone di materia oscura e ambiente circostante, che si estende per decine di milioni di anni luce intorno al quasar. Lo studio è stato pubblicato su The Astrophysical Journal.