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Il telescopio spaziale James Webb continua ad esplorare il sistema planetario Trappist-1, situato a 40 anni luce di distanza nella costellazione dell’Acquario, utilizzando due suoi strumenti a infrarossi: NirSpec per i transiti, e Miri, per l’emissione termica. Dopo aver già osservato gli esopianeti Trappist-1 b, Trappist-1 c e Trappist-1 d, l’obiettivo del Webb è stato puntato verso il successivo Trappist-1 e, quarto per distanza dalla stella ospite tra i sette pianeti rocciosi che compongno il sistema. I risultati delle osservazioni sono stati pubblicati su The Astrophysical Journal Letters da un team di studiosi coordinati da Néstor Espinoza, astronomo presso lo Space Telescope Science Institute di Baltimora, Stati Uniti.

Gli scienziati considerano Trappist-1 e il più interessante di tutti i pianeti del sistema. La sua orbita è nella cosiddetta ‘fascia di abitabilità’, si trova cioè alla giusta distanza dalla stella madre per consentire all’acqua di scorrere liquida in superficie, premesso che il pianeta possegga un’atmosfera e, ovviamente, l’acqua.
Per scoprirlo, lo strumento NirSpec (Near-Infrared Spectrograph) del James Webb è stato messo in modalità ‘Prism‘. Questa è l’ideale per osservare i transiti di piccoli pianeti come Trappist-1 e, leggermente più piccolo della Terra, perché pur avendo una risoluzione spettrale bassa riesce a coprire un ampio intervallo di lunghezze d’onda (0,6–5 μm).

Questa grafica confronta i dati raccolti dallo strumento NirSpec del Webb (punti bianchi) con i precedenti modelli generati dal computer. In blu quelli con l'asmosfera, in arancione senza. Le strette bande colorate indicano le posizioni più probabili dei dati per ciascun modello. Crediti: Nasa, Esa, Csa, StScI, Joseph Olmsted (StScI)

Questa grafica confronta i dati raccolti dallo strumento NirSpec del Webb (punti bianchi) con i precedenti modelli generati dal computer. In blu quelli con l’atmosfera, in arancione senza. Le strette bande colorate indicano le posizioni più probabili dei valori per ciascun modello. Crediti: Nasa, Esa, Csa, StScI, Joseph Olmsted (StScI)

 

Più alta è la quantità di transiti registrati, più i dati raccolti diventano affidabili. Le prime misurazioni su quattro passaggi di Trappist-1 e davanti alla stella ospite, raccolti dal team di scienziati del progetto ‘Dreams’ (Deep Reconnaissance of Exoplanet Atmospheres using Multi-instrument Spectroscopy) hanno permesso di delineare diversi scenari possibili. Dallo studio delle informazioni raccolte emerge che l’atmosfera primaria probabilmente non esiste più, presumibilmente spazzata via dalla radiazione della stella: una nana rossa ultrafredda i cui frequenti brillamenti potrebbero aver disperso l’idrogeno e l’elio originariamente presenti durante la formazione del pianeta.
Non si può escludere l’esistenza di una seconda atmosfera, composta da elementi più pesanti come azoto o anidride carbonica, che potrebbero aver resistito alla dispersione causata dalla radiazione stellare. Per confermare la sua esistenza però sono necessarie ulteriori osservazioni.
Basandosi sulle caratteristiche rilevate finora, comunque, sembra che l’anidride carbonica non domini particolarmente la potenziale atmosfera di Trappist-1 e, di certo non raggiunge le alte concentrazioni tipiche delle atmosfere di Venere o Marte, entrambe con quantità superiori al 90% del totale. Se le concentrazioni di gas fossero comunque elevate e il pianeta possedesse acqua liquida, si genererebbe un effetto serra in cui l’anidride carbonica e altri gas atmosferici contribuirebbero a mantenere un clima stabile e temperato. Le quantità riscontrate finora non escludono questa possibilità, per cui su Trappist-1 ci potrebbe essere acqua liquida.
Secondo l’analisi del team, l’acqua potrebbe assumere la forma di un oceano globale, oppure coprire un’area più limitata nella regione in cui la stella si trova nel ‘mezzogiorno eterno’, circondata dal ghiaccio. Ciò sarebbe possibile perché, date le dimensioni e le orbite molto ravvicinate dei pianeti del sistema Trappist-1, si pensa che essi siano tutti in rotazione sincrona, quindi con un lato sempre rivolto verso la stella e l’altro sempre al buio.

Illustrazione artistica che mostra tutti i pianeti del sistema Trappist-1, in ordine di distanza dalla stellaCrediti: Nasa/Jpl-Caltech

Illustrazione artistica che mostra tutti i pianeti del sistema Trappist-1, in ordine di distanza dalla stella Crediti: Nasa/Jpl-Caltech

In queste ore gli scienziati stanno continuando a puntare il Webb in direzione di Trappist-1 e per altre 15 osservazioni definite ‘multiple’, perché il telescopio registra i transiti di Trappist-1 b ed e in sequenza ravvicinata. Dato che il pianeta b sembra totalmente privo di atmosfera, i segnali raccolti durante il suo transito non possono che essere attribuiti esclusivamente alla stella. Se si mettono questi dati a confronto con quelli del pianeta e, è possibile isolare con maggiore precisione eventuali firme chimiche riconducibili a un’atmosfera su quest’ultimo.
Il sistema planetario Trappist-1 è il più studiato e osservato tra quelli finora scoperti, è il secondo che conosciamo meglio dopo il Sistema Solare. Le ragioni di quest’attenzione sono dovute a diversi vantaggi: il sistema possiede sette pianeti rocciosi di dimensioni terrestri, di cui tre situati nella zona abitabile; le loro orbite sono molto vicine alla stella e si compiono in tempi brevi, permettendo numerose osservazioni perché i transiti sono frequenti; il sistema è facilmente osservabile perché si trova nelle vicinanze, in termini astronomici ovviamente.
Tutto questo permette misurazioni spettroscopiche con un livello di dettaglio superiore a qualsiasi altro sistema planetario osservabile.

 

Immagine di apertura: Una ricostruzione artistica di Trappist-1 e mentre transita davanti alla sua stella madre
Crediti: Nasa, Esa, Csa, J. Olmsted (StScI)