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Dimetilsolfuro (Dms) e dimetildisolfuro (Dmds), questi due composti organici prodotti sulla Terra soltanto da alcuni organismi viventi, come ad esempio il fitoplancton marino, sono stati trovati dal telescopio spaziale James Webb su un pianeta distante 124 anni luce da noi.
Si tratta di K2-18b, noto anche come Epic 201912552 b, un pianeta di tipo ‘Mini-nettuno’ scoperto nel 2015 dal telescopio Kepler. La massa stimata è circa nove volte quella terrestre ed è in orbita attorno una nana rossa grande meno della metà del Sole. L’esopianeta completa una rivoluzione in 33 giorni e si trova nella cosiddetta ‘fascia della vita’, quella in cui la stella madre non è così vicina da far evaporare l’acqua in superficie, né così lontana da farla congelare.
Per quello che abbiamo compreso finora, K2-18-b dovrebbe essere un pianeta di tipo Hycean, quindi ricoperto da un immenso oceano globale superficiale, posto sotto una spessa atmosfera ricca d’idrogeno.

Dalle analisi svolte da un gruppo di ricercatori guidati dall’astrofisico e scienziato planetario Nikku Madhusudhan dell’Università di Cambridge, pubblicate su The Astrophysical Journal Letters, la presenza di queste due molecole nell’atmosfera di K2-18b potrebbe rivelarsi una scoperta di primaria importanza. Si tratta, infatti, dell’indizio più solido e promettente trovato finora nella ricerca di vita extraterrestre. Le molecole Dms e Dmds, secondo le nostre conoscenze, sono prodotte esclusivamente da processi biologici, la possibilità che provengano da interazioni chimiche a noi sconosciute è infatti ridotta al solo 0,3%.

K2-18b in passato ha già sorpreso gli scienziati. Nel 2019, quando venne osservato da Hubble, le analisi spettrografiche evidenziarono tracce di metano e, per la prima volta su un esopianeta situato nella fascia della vita, di anidride carbonica.
Inoltre, nelle linee spettrali più deboli emerse dai dati di Hubble sembrava esserci anche altro: «Non sappiamo con certezza se si trattava del Dms – ha spiegato il professor Madhusudhan – ma la sola idea era per noi intrigante abbastanza da rivolgere di nuovo lo sguardo con il Jwst, usando uno strumento diverso».
Il primo tentativo per confermare la presenza di dimetilsolfuro usando il Webb è stato fatto puntando verso l’esopianeta sia lo spettrografo Niriss (Near-Infrared Imager and Slitless Spectrograph) che il NirSpec (Near-Infrared Spectrograph). Successivamente, in una ricerca indipendente, è stato impiegato anche il Miri (Mid-Infrared Instrument), nell’intervallo tra 6 e 12 micron. Grazie a quest’ultima scansione si è riusciti finalmente ad ottenere un segnale affidabile, sufficiente a fornire una lettura chiara e convincente della chimica atmosferica di K2-18b.
Il dimetilsolfuro e il dimetildisolfuro, nell’intervallo tra le lunghezze d’onda esaminato, mostrano caratteristiche spettrali che quasi si sovrappongono ed è quindi complicato studiarli singolarmente. Ad ogni modo, le concentrazioni di queste due molecole nell’atmosfera dell’esopianeta sono decisamente diverse da quelle che riscontriamo sulla Terra. Qui sono inferiori a una parte per miliardo del volume totale, mentre le stime per K2-18b sono diecimila volte superiori, nell’ordine di dieci parti per milione.

Questa corposa presenza è in linea con le caratteristiche previste per i pianeti hycean, come spiega Madhusudhan: «Le prime teorie su questo tipo di pianeti prevedevano già alti livelli di gas basati sullo zolfo, come il Dms e il Dmds, e ora li abbiamo osservati, confermando le predizioni. Sulla base di tutto ciò che sappiamo di questo pianeta, l’ipotesi che sia un mondo di tipo Hycean compatibile con la vita è quella più affine ai dati in nostro possesso».
Al di là del cauto ottimismo personale, Nikku Madhusudhan è convinto che servano nuove osservazioni e analisi approfondite dei dati. Soprattutto scoprire se le molecole Dms e Dmds si possano produrre anche attraverso processi chimici non biologici.
Grazie alle qualità elevate del James Webb, e di telescopi futuri ancora più sofisticati, riusciremo ad approfondire le conoscenze e tracciare al meglio le caratteristiche di K2-18b e dei pianeti hycean in generale, e forse confermare una scoperta epocale.
«Nei decenni futuri potremo guardare indietro nel tempo fino a oggi e riconoscere che questo è il momento nella storia in cui l’universo della vita è diventato alla nostra portata. Stiamo forse vivendo un epoca in cui la domanda fondamentale, siamo o no soli nell’Universo, è tra quelle a cui sappiamo dare una risposta», ha concluso Madhusudhan.

 

Immagine: Ricostruzione artistica di come potrebbero apparire K2-18b e la sua stella madre, una nana rossa (Crediti: Cambridge University)