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Prosegue senza problemi la missione di difesa planetaria Hera, in viaggio verso l’asteroide Dimorphos. Durante questo tempo, i tecnici stanno effettuando varie prove d’integrità delle apparecchiature di bordo per verificare che tutto sia pronto e funzionante per il sorvolo ravvicinato, che avverrà a dicembre 2026.
Gli ultimi test hanno riguardato ‘Juventas’ e ‘Milani,’ i due CubeSat che la sonda sta portando con sé e che rilascerà, quando sarà nei pressi dell’asteroide, per fare un’ispezione e delle scansioni il più possibile ravvicinate e dettagliate.
Oggetto delle prove sono stati alcuni strumenti di bordo fondamentali per i due nanosatelliti, come le batterie o il sensore di gestione della temperatura. Gli ingegneri hanno controllato anche l’avionica e i sistemi di comunicazione con la Terra. Infine, ci sono state verifiche per accertare che i due apparecchi possano comunicare correttamente anche con la sonda madre e che il sistema Rcs, le ruote a reazione che servono a regolare l’assetto, rispondesse regolarmente ai comandi.
Il CubeSat ‘Juventas‘ è stato acceso mentre la sonda si trovava a 4 milioni di chilometri da noi. La grande distanza ha comportato qualche complicazione dovuta al ritardo nelle comunicazioni. Per avere una risposta a un segnale inviato dalla Terra, gli addetti al collaudo hanno dovuto attendere 32,6 secondi, ma a parte questo non hanno riscontrato alcun tipo di problema e il robot ha risposto perfettamente alle istruzioni.
Qualche giorno dopo è stata la volta di ‘Milani‘. La sonda madre nel frattempo si era ulteriormente allontanata, raggiungendo una distanza dalla Terra di 7,9 milioni di chilometri. Il ritardo nelle comunicazione è salito fino a 52 secondi, rallentando tutto l’iter, ma anche in questo caso i risultati sono stati positivi. Ogni accensione e test di un CubeSat ha richiesto circa un’ora di tempo e non è stato necessario che i due nanosatelliti lasciassero gli alloggi in cui sono stivati.
Allacciare dei collegamenti stabili è servito anche ad accertarsi del corretto funzionamento degli strumenti utilizzati dal controllo missione terrestre, dove la ricezione dei dati segue un percorso complesso.
I segnali di risposta dei Cubesat vengono infatti captati in prima battuta dall’Esoc (European Space Operation Centre), in Germania. Una parte di questi, i dati telemetrici, viene raccolta anche dal ‘Cmoc’ di Redu, in Belgio, per essere controllata dall’azienda di software spaziale ‘Spacebel’, e da ciascuna delle due aziende che hanno costruito i mini satelliti, così potranno possano seguire l’andamento della missione e condurre verifiche in tempo reale dei gioielli tecnologici da loro prodotti.
Una volta raggiunto l’asteroide, la sonda Hera sgancerà i due CubeSat per farli avvicinare il più possibile e poter svolgere correttamente misurazioni e osservazioni di vario genere. Si tratta di manovre che richiedono altissima precisione. I CubeSat verranno pilotati da una grande distanza e questo impone la massima cautela. Per questo si opererà a velocità estremamente basse, appena pochi centimetri al secondo, per evitare che qualche errore, unito alla flebile gravità di Dimorphos, si traduca in una perdita definitiva dei nanosatelliti nello Spazio.
Gli scopi dei due CubeSat sono diversi. Una volta in posizione, ‘Juventas’ userà la tecnologia radar in bassa frequenza per svelare di cosa è fatto Dimorpohs al suo interno, mentre ‘Milani’ si dedicherà alla superficie mediante osservazioni multispettrali fatte dallo strumento di bordo ‘Aspect hyperspectral imager’, che opera sia in luce visibile che in infrarosso e con una risoluzione di un metro.
‘Juventas’ è stato realizzato dalla GomSpace, azienda con sede in Danimarca, in collaborazione con altri partner. ‘Milani’ invece è un prodotto nazionale, finanziato dall’Agenzia Spaziale Italiana e realizzato a Torino dalla Tyvak con il supporto di università e istituti di ricerca italiani, finlandesi e della Repubblica Ceca.
Entrambi i CubeSat sono del tipo 6U. Il nome Juventas è stato scelto perché nella mitologia romana è la figlia di Hera, che dà il nome alla missione, mentre ‘Milani’ è il cognome dello scienziato italiano Andrea Milani, scomparso nel 2018 e creatore di un sistema automatizzato per monitorare gli asteroidi potenzialmente distruttivi, attualmente in uso presso il centro Esa Esrin di Frascati (Roma).
I test fatti nelle settimane passate sui due CubeSat erano assolutamente necessari, fondamentali per conoscere l’attuale stato tecnico della sonda e dei suoi due ‘passeggeri’. D’ora in poi verranno ‘svegliati’ ogni due mesi, per il tempo necessario a fare le classiche verifiche di routine, come il controllo delle batterie e gli eventuali aggiornamenti dei software di bordo.
Fotografia: una ricostruzione artistica dell’attività di spettrografia che il CubeSat ‘Milani’ svolgerà una volta raggiunto l’asteroide Dimorphos
Crediti: Hera Mission