Un mondo ghiacciato, distante e ancora in parte sconosciuto, che sinora ha ricevuto solo la breve ‘visita’ della sonda Voyager 2 della Nasa il 24 gennaio del 1986: si tratta di Urano, il settimo pianeta del Sistema Solare, che è stato osservato contemporaneamente dal telescopio spaziale Nasa-Esa Hubble e dalla sonda Nasa New Horizons.
I ‘ritratti’ realizzati in questa speciale sessione fotografica sono al centro di uno studio appena presentato al 56° convegno annuale dell’American Astronomical Society – Divisione di Scienze Planetarie in corso questa settimana in Idaho; la ricerca è stata coordinata dal Mit (Massachusetts Institute of Technology) e i risultati possono avere utili ricadute nello studio degli esopianeti.
Infatti, gli autori del saggio hanno considerato Urano come un esopianeta e hanno messo a confronto le immagini in alta risoluzione acquisite da Hubble e quelle più distanti realizzate da New Horizons. Gli studiosi erano certi che il gigante ghiacciato sarebbe apparso in maniera differente nei due set fotografici e hanno rilevato anche un dato inaspettato: Urano si è mostrato più fioco di quanto previsto nelle immagini della sonda.
New Horizons ha scattato le immagini con la sua Multispectral Visible Imaging Camera mentre si trovava rivolta verso il lato nascosto di Urano: in questo modo, gli scienziati hanno potuto visionare la sua ‘mezzaluna’ al crepuscolo, un tipo di osservazione che non può essere effettuato dalla Terra. Data la distanza della sonda dal pianeta (oltre 10 miliardi di chilometri), Urano appare come un punto dalla luce tenue. Hubble, invece, dalla sua posizione relativamente più vicina al corpo celeste (oltre 2 miliardi di chilometri) è riuscito a inquadrarne il lato illuminato con alcune caratteristiche dell’atmosfera come nubi e tempeste.
«Urano appare solo come un piccolo punto nelle osservazioni di New Horizons, simile a quelli raffiguranti gli esopianeti ripresi direttamente da osservatori spaziali come Webb o da osservatori terrestri – ha commentato Samantha Hasler, ricercatrice del Mit e prima autrice dello studio – Hubble, invece, fornisce il contesto di ciò che sta avvenendo nell’atmosfera quando è stata osservata con New Horizons».
Urano, svolgendo la ‘parte’ di un esopianeta, è stato dunque un obiettivo ideale per testare questa nuova tecnica di osservazione congiunta che, secondo gli astronomi, potrebbe essere utilizzata proficuamente per analizzare i mondi extrasolari. In particolare, gli scienziati sono interessati a riprendere direttamente gli esopianeti – un’operazione estremamente complessa – per comprenderne origini, evoluzione ed eventuale abitabilità.
In alto: Urano visto da Hubble, a sinistra, e New Horizons, a destra [Crediti: Nasa, Esa, StScI, Samantha Hasler (Mit), Amy Simon (Nasa-Gsfc), New Horizons Planetary Science Theme Team; Image Processing: Joseph DePasquale (StScI), Joseph Olmsted (StScI)]