Viviamo in un cosmo in continua espansione. E negli ultimi vent’anni, grazie all’utilizzo di tecniche sempre più precise, gli astronomi si sono resi conto che non solo il nostro universo si sta dilatando, ma lo sta facendo con una velocità maggiore rispetto al passato. Ormai la comunità scientifica è dunque concorde sulla teoria dell’universo accelerato, e gli astronomi hanno puntato diversi telescopi su specifici oggetti celesti per calcolare la loro distanza dalla Terra e la velocità con cui si stanno allontanando da noi: due parametri essenziali per stimare la cosiddetta costante di Hubble, che definisce appunto il tasso di espansione cosmico.
Eppure ad oggi le osservazioni hanno portato ad attribuire alla famigerata costante valori molto diversi tra loro, senza trovare una risposta soddisfacente rispetto a quanto l’universo stia effettivamente accelerando.
Ma ora un nuovo studio coordinato dall’Universirtà di Chicago e pubblicato su Nature afferma che la soluzione potrebbe arrivare nel giro di dieci anni al massimo, grazie a un contributo di eccezione: quello delle onde gravitazionali. “La costante di Hubble ci dice le dimensioni e l’età dell’universo – commenta Daniel Holz, co-autore dell’articolo- è stato un sacro Graal fin dalla nascita della cosmologia. Calcolare questa costante con le onde gravitazionali potrebbe darci una prospettiva completamente nuova sull’universo.”
Secondo il nuovo studio, la sensazionale scoperta delle onde gravitazionali e l’emergere dell’astronomia multimessaggero – nella nostra lingua dichiarata in realtà femminile, multimessaggera, dall’Accademia della Crusca – ha recentemente fornito un nuovo ‘metro’ per misurare l’espansione del cosmo. In particolare, l’osservazione lo scorso anno di onde gravitazionali sprigionate da una collisione di stelle di neutroni ha offerto uno strumento prima impensabile per calcolare la costante di Hubble. la collisione tra i due oggetti – la stessa che ha prodotto le onde gravitazionali catturate dagli interferometri – ha infatti generato un lampo di luce potenzialmente capace di dare una stima della velocità del sistema. E più precisamente misurare ciò che interessa a noi, ovvero la sua velocità rispetto alla Terra: un dato che, se opportunamente elaborato, potrebbe mettere a disposizione degli scienziati una nuovissima unità di misura per determinare l’espansione cosmica. Le informazioni raccolte fino ad oggi da Ligo e Virgo non sono però ancora sufficienti per risolvere una volta per tutte l’enigma della costante di Hubble: secondo lo studio su Nature, servirà ancora circa un decennio di raccolta dati prima di assegnare finalmente un valore preciso alla costante di Hubble.
Ma perché questa informazione è così importante? Per rispondere bisogna fare un salto indietro al 1929, anno in cui l’astronomo statunitense Edwin Hubble ha sistematizzato in una legge un’intuizione destinata a cambiare completamente la cosmologia moderna. E così una delle più brillanti menti del secolo scorso si vide rinnegare il suo modello cosmologico: si tratta di Albert Einstein, che una dozzina di anni prima – era il 1917 – aveva applicato all’universo la sua teoria della relatività generale, costruendo così un modello di spazio omogeneo e curvato, né in espansione né in contrazione.
Einstein rimase fedele alla sua teoria dell’universo statico fino al 1931, quando adottò il modello dell’universo in espansione. Modello confermato definitivamente vent’anni fa sulla base dell’osservazione di supernove di tipo Ia in galassie lontane – scoperta che è valsa il Nobel per la fisica nel 2011, e che ha dimostrato un aumento costante della velocità di espansione dell’universo.
Eppure come abbiamo visto la teoria dell’accelerazione cosmica è ancora lontana dalla sua completezza: il grande rompicapo resta proprio la costante di Hubble, ovvero il tasso di espansione del cosmo. Ma presto le cose potrebbero cambiare: curiosamente, grazie a un’intuizione di Einstein, che oltre un secolo scorso ha predetto le onde gravitazionali, poi confermate nel 2016. Si avvia dunque il countdown per assegnare finalmente un valore a questo fondamentale Pi greco del cosmo.