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Quando la Nasa, con Esa e Asi lanciarono la storica sonda Cassini, l’obiettivo non era solo l’osservazione ravvicinata del gigante Saturno, ma anche della sua più grande ed enigmatica luna, Titano. Nel Sistema Solare esistono solo due corpi celesti dove cadono piogge, scorrono fiumi, ci sono laghi e mari: il pianeta Terra e Titano. Su quest’ultimo però non cade acqua, ma gocce d’idrocarburi come metano ed etano liquidi, più altri componenti organici.

Una condizione così rara che meritava assolutamente un approfondimento. Per questo il 14 gennaio 2005, a oltre 800 milioni di chilometri dalla Terra, Cassini sganciava il modulo “Huygens”, che si tuffava nell’impenetrabile atmosfera di Titano per ricavare dati e misurazioni impossibili con le osservazioni da Terra. Durante le due ore e mezza di discesa, lo strumento Hasi (Huygens Atmospheric Structure Instrument), fornito dall’Agenzia Spaziale Italiana, ha fatto continue misurazioni della pressione, temperatura e densità dell’atmosfera, svelando agli scienziati la sua struttura verticale. Grazie ai dati di Cassini e Huygens, molti processi naturali su Titano sono stati compresi, ma altri restano avvolti da mistero. Tra questi, l’erosione delle coste.

Da noi è frutto dell’azione del vento e delle onde: accade lo stesso su Titano? Se Huygens fosse atterrata dentro un bacino liquido avrebbe fornito informazioni importanti sui potenziali moti ondosi (lo strumento Hasi era preparato anche per questo genere di misurazioni), ma è finita sul terreno. Ci sarebbero anche le foto radar fatte da Cassini, dallo Spazio, che però non coprono l’intero ciclo delle stagioni di Titano, ognuna delle quali dura circa 7 anni e mezzo terrestri.

L’unica via percorribile resta quella delle simulazioni ed è ciò che ha fatto di recente un team di geologi del Mit. Basandosi sulle immagini di Cassini, che mostrano corsi di fiumi e laghi dalle forme sorprendentemente simili a quelli terresti, il gruppo di studio ha ricostruito al computer tre diversi scenari, basati sui meccanismi erosivi locali per applicarli a Titano e vedere quale avrebbe mostrato i risultati più simili alle foto di Cassini Si è considerata l’erosione causata da onde, quella dal semplice contatto passivo tra rocce e liquidi e una terza in cui le coste sprofondano gradualmente a causa del loro stesso peso. I risultati più simili li ha mostrati lo scenario con le onde. Il gruppo di studio ha tenuto a precisare che si tratta pur sempre di un’ipotesi, perché finora non abbiamo mai avuto osservazione diretta dell’esistenza di onde di idrocarburi liquidi su Titano. Se l’avessimo, oltre ai processi erosivi, potremmo comprendere meglio anche quelli climatici. Le onde, ad esempio, consentono di conoscere l’intensità dei venti.

Immagine in apertura: Laghi e fiumi al polo nord di Titano ripresi dalla sonda Cassini il 10 aprile 2007 Crediti Nasa/Jpl-Caltech