Un complesso fenomeno di discesa e risalita di materiali è all’origine dell’attuale struttura geologica della Luna: lo afferma uno studio coordinato dal Laboratorio Lunare e Planetario dell’Università dell’Arizona, che è stato appena pubblicato su Nature Geoscience. L’indagine, che ha coinvolto un team internazionale, si è basata sia su dati raccolti da sonde che su simulazioni informatiche; nello specifico, i dati sono quelli della missione lunare Grail (Gravity Recovery and Interior Laboratory) della Nasa. Grail, conclusa nel 2012, era costituita da due sonde (Ebb e Flow) che hanno misurato le variazioni nel campo gravitazionale della Luna.

Gli studiosi hanno tenuto presente anche le analisi dei campioni rocciosi prelevati dagli astronauti del programma Apollo oltre 50 anni fa. Si tratta soprattutto di rocce laviche basaltiche che mostrano una concentrazione di titanio particolarmente elevata, diffuse soprattutto sul lato visibile della Luna. Il gruppo di lavoro ha quindi cercato di capire quale fenomeno sia alla base di questa loro collocazione.

Secondo le attuali teorie, la Luna, formatasi in tempi rapidi, era probabilmente ricoperta da un oceano di magma. Quando la roccia fusa ha iniziato gradualmente a raffreddarsi e solidificarsi, ha dato vita al mantello e alla crosta brillante che oggi vediamo nella fase di plenilunio. Tuttavia, la giovane Luna, nelle sue profondità, non si trovava in una condizione di equilibrio: i modelli mostrano che gli ultimi frammenti del magma si erano cristallizzati in minerali molto corposi tra cui la ilmenite, un minerale che contiene ferro e titanio. Questi materiali pesanti – spiegano gli esperti – sono più densi del mantello sottostante, hanno creato un’instabilità gravitazionale e, nel corso dei millenni, sono sprofondati nelle viscere della Luna. Successivamente, si sono mescolati al mantello, si sono liquefatti e sono riaffiorati in superficie sotto forma di colate di lava ricche di titanio.

Gli scienziati hanno quindi cercato di ricostruire la cronologia delle varie fasi di questo processo, mettendo a confronto simulazioni informatiche relative allo sprofondamento di uno strato ricco di ilmenite con le anomalie gravitazionali riscontrate dalle sonde Grail: i risultati di quest’analisi hanno messo in rilievo che le misurazioni di Grail sono coerenti con le simulazioni e che i dati gravitazionali possono essere utilizzati per fare una mappatura della distribuzione dell’ilmenite rimanente in superficie. Lo sprofondamento di questo materiale – concludono gli studiosi – dovrebbe essere avvenuto prima di 4 miliardi di anni fa, un dato temporale coerente con le fasi più tarde del vulcanismo sulla superficie della Luna.

«Per la prima volta abbiamo prove che ci mostrano cosa stava succedendo all’interno della Luna durante questa fase critica della sua evoluzione, ed è davvero emozionante – ha detto Jeff Andrews-Hanna, docente dell’Università dell’Arizona e uno degli autori dello studio – Si scopre che la storia più antica della Luna è scritta sotto la superficie, ed è bastata la giusta combinazione di modelli e dati per svelarla».

In alto: un astronauta della missione Apollo 17 intento a raccogliere campioni lunari (Crediti: Nasa) 

In basso: analisi delle aree della Luna ricche di titanio condotta nello studio (Crediti: Adrien Broquet/University of Arizona)

 

Illustrazione delle anomalie del terreno lunare riscontrate nello studio