I suoi cieli sono solcati da ombre che spiccano scure sulle nubi e che da anni sottopongono gli scienziati ad un rebus sulla loro natura: si tratta dell’atmosfera di Venere, le cui striature sono al centro di un recente studio di Science Advances (articolo: “Iron-sulfur chemistry can explain the ultraviolet absorber in the clouds of Venus”). L’indagine, condotta di un gruppo di lavoro internazionale, è stata coordinata dal Laboratorio Cavendish dell’Università di Cambridge e si è basata sia sui dati raccolti negli anni da varie sonde, sia su modelli informatici.

Quando il secondo pianeta del Sistema Solare viene osservato nella luce ultravioletta, le sue nubi mostrano delle sfumature scure dove questa lunghezza d’onda viene assorbita. Negli anni queste strisce sono state oggetto di varie teorie e sono state connesse a differenti sostanze chimiche oppure all’azione di microorganismi; quest’ultima ipotesi era stata formulata negli anni ’60 dal celebre astronomo e divulgatore americano Carl Sagan.

Gli autori dello studio ritengono che le sfumature siano dovute alla presenza di minerali ferrosi. L’atmosfera di Venere è costituita principalmente da anidride carbonica, ma le sue nubi – situate ad un’altezza compresa tra 48 e 65 chilometri al sopra della superficie planetaria – sono costituite da goccioline di acido solforico unite a minerali ferrosi. I ricercatori hanno sintetizzato vari composti di ferro che potrebbero esistere nelle nubi di Venere e li hanno immersi in differenti concentrazioni di acido solforico; i risultati dell’esperimento hanno indicato che quando due tra i composti analizzati – il romboclasio e il solfato di ferro – sono combinati, danno luogo all’assorbimento dell’ultravioletto. Il livello e l’aspetto di questo assorbimento, secondo gli scienziati, sono coerenti con le sfumature osservate nelle nubi di Venere.

Data l’estensione di questo fenomeno nei cieli del pianeta, il gruppo di lavoro è convinto che vi siano in atto dei processi chimici importanti e ancora in parte sconosciuti. «Questi esperimenti – ha commentato Clancy Zhijian Jiang, ricercatore dell’Università di Cambridge e primo autore dello studio – svelano il complesso network chimico dell’atmosfera di Venere e gettano nuova luce sul ciclo degli elementi sulla sua superficie». Il pianeta, quindi, ha ancora molto da ‘raccontare’ alla comunità scientifica. Gli studiosi attendono l’avvio delle future missioni Nasa ed Esa destinate a Venere: rispettivamente, Veritas ed EnVision. Ambedue le missioni vedono un significativo coinvolgimento del nostro Paese, grazie al supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana.

In alto: il pianeta Venere – con le sfumature nell’atmosfera – visto dalla sonda Akatsuki della Jaxa (Crediti: Jaxa/Planet C-Project Team)