Ad oggi, la Nasa ha confermato l’esistenza di oltre 5mila esopianeti e 10mila candidati esopianeti. Questi mondi distanti hanno caratteristiche molto diverse tra loro, soprattutto per quanto riguarda le dimensioni. Si va da piccoli pianeti rocciosi a colossali giganti gassosi, mentre nel mezzo ci sono le super-Terre rocciose e i sub-Nettuniani. Esiste però un notevole gap tra queste ultime due categorie: tra tutti gli esopianeti scoperti o candidati tali, sono pochissimi quelli compresi tra 1,5 e 2 volte le dimensioni della Terra (ovvero, tra le super-Terre e i sub-Nettuniani).

Ora un nuovo studio pubblicato su The Astronomical Journal e realizzato utilizzando i dati di Kepler sembra trovare una possibile risposta. Il telescopio spaziale della Nasa è in pensione dal 2018, ma le sue ricchissime osservazioni continuano a permettere nuove scoperte.

Secondo il team di ricerca che ha analizzato i dati alcuni esopianeti stanno gradualmente perdendo la loro atmosfera, rimpicciolendosi. Questo spiegherebbe l’assenza degli esopianeti intermedi tra le super-Terre e i sub-Nettuniani. In particolare, i sub-Nettuniani che non sono abbastanza massicci si ridurrebbero alle dimensioni delle super-Terre, lasciando il vuoto tra le due categorie di mondi.

La causa, sempre secondo i dati raccolti da Kepler ed elaborati dal team di ricerca, guidato dall’Exoplanet Science Institute della Nasa, sarebbe da ricercare nel ‘cuore’ di questi esopianeti. Una catena di reazioni innescata dai loro nuclei porterebbe appunto alla perdita di atmosfera e al conseguente rimpicciolimento dei pianeti.

«La perdita di massa alimentata dal nucleo si verifica quando le radiazioni emesse dal nucleo caldo di un pianeta spingono l’atmosfera lontano dal pianeta stesso nel corso del tempo. Queste radiazioni spingono via l’atmosfera dall’interno», spiega Jessie Christiansen, leader del Nasa Exoplanet Archive e prima firma del nuovo studio su The Astronomical Journal.

Restano da comprendere i meccanismi che innescano queste reazioni in grado di agire a catena dai nuclei alle atmosfere degli ‘esopianeti ristretti’. Ma il nuovo studio aggiunge un importante tassello per comprendere meglio la variegata e sempre più numerosa famiglia degli esopianeti.

 

Immagine in apertura: Rappresentazione artistica di come potrebbe apparire l’esopianeta Toi-421 b. Il nuovo studio realizzato grazie ai dati di Kepler trova nuove prove che suggeriscono come questo tipo di pianeti possa perdere la propria atmosfera. Crediti: Nasa, Esa, Csa e D. Player (StScI)