Un passaggio chiave nella comprensione del processo di formazione stellare era dimostrare come la potente forza centrifuga, da cui poi si genera una stella, potesse non spazzare via gli elementi base per la sua costituzione.

Un gruppo di astronomi, guidati da Ralf Launhardt dell’Istituto Max Planck di Astronomia (Mpia) in Germania, ha studiato con osservazioni radio il flusso di materia attorno a una giovane stella nella nube oscura nota come CB26, a 460 anni luce dalla Terra. I dettagli emersi dalle misurazioni a lunghezze d’onda millimetriche sono stati pubblicati sulla rivista Astronomy & Astrophysics.

Nuove stelle si formano quando il gas di una nube cosmica collassa sotto la sua stessa gravità e la temperatura aumenta. L’energia liberata da questo processo è ciò che fa brillare le stelle. Ma c’è una complicazione. Nel cosmo nulla è immobile e queste nubi di gas ruotano. Più il gas si contrae, più veloce è la rotazione. Questo fenomeno si chiama ‘conservazione del momento angolare’. Per una protostella queste forze centrifughe potrebbero essere fatali: se viene espulso troppo materiale mentre la nube collassa e accelera la sua rotazione, potrebbe non rimanerne abbastanza per formare la stella. Questo è noto come il ‘problema del momento angolare’ della formazione stellare.

Negli anni Ottanta, per risolvere il problema la comunità scientifica propose la teoria del disco di accrescimento. Mentre la materia si addensa sulla stella nascente, si forma un disco piatto rotante di gas e polvere. La materia del disco finisce comunque al centro della protostella grazie a un campo magnetico generato da particelle di plasma, a sua volta creato da reazioni chimiche all’interno del disco stesso. Il plasma che invece va alla deriva si scontra con altre molecole di gas anch’esse fuggite, ma che costituiscono il ‘vento del disco’. Questo vento può sottrarre un notevole ‘momento angolare’ al disco, rallentare la rotazione e risolvere così il ‘problema del momento angolare’ della protostella.

La possibilità di osservare una struttura come un disco di accrescimento dalla Terra, anche se attorno alla protostella più vicina, era davvero molto bassa.

L’Interferometro Plateau de Bure (Pdbi) in Francia, l’Owens Valley Radio Observatory (Ovro) in California e il Submillimeter Array (Sma) alle Hawaii, uniti a un sofisticato modello fisico-chimico del disco, hanno permesso agli astronomi di distinguere gli elementi appartenenti al disco e gli elementi appartenenti al vento del disco.

L’immagine di questo articolo ricostruisce la portata del ‘vento’, un flusso a forma di cono dalle dimensioni più che sufficienti per rallentare la rotazione e trattenere una quantità di gas e polvere sufficiente per formare una stella.

 

Immagine in evidenza: illustrazione del disco di accrescimento attorno alla giovane stella e del vento in uscita dal disco rotante – Crediti:T. Müller, R. Launhardt (Mpia)