Piccole e provvisorie macchie di campo magnetico sulla superficie solare associate agli archi di gas che alimentano la corona solare: è il quadro svelato dalle osservazioni di Solar Orbiter, realizzate durante il suo passaggio ravvicinato dell’ottobre 2022. Questi dati, come emerge da un nuovo studio guidato dal Max Planck Institute, rivelano la connessione tra la superficie e l’atmosfera del Sole, fornendo così importanti indizi sul paradosso della corona solare.

Questo fenomeno controintuitivo vede l’atmosfera solare raggiungere temperature fino a circa 2 milioni °C, molto più elevate rispetto ai 5.500 °C che caratterizzano la superficie del Sole. Come se l’aria intorno a un fuoco fosse più calda delle fiamme che lo tengono vivo.

Durante il perielio di un anno fa, la missione Esa, frutto della collaborazione con Nasa e del fondamentale contributo di Asi, ha realizzato osservazioni in prossimità del Sole tramite due strumenti diversi: l’Extreme Ultraviolet Imager (Eui) e il Polarimetric and Helioseismic Imager (Phi). Il primo mostra le anse calde di plasma, simili ad archi, raggiungere la corona solare; il secondo, invece, rivela la polarità magnetica della superficie solare.

La sovrapposizione di queste osservazioni ha fatto emergere il legame tra la disposizione degli anelli coronali, che alimentano la corona solare, e le regioni superficiali che ospitano fugaci macchie di campo magnetico a polarità mista. Nell’immagine dello strumento Phi, simile a un quadro astratto del puntinismo, le polarità nord e sud dei campi magnetici sono mostrate da piccole macchie rosse e blu, rivelandone una distribuzione mista.

Come suggerisce la nuova ricerca, pubblicata su The Astrophysical Journal Letters, la connessione tra l’evoluzione temporale di queste piccole macchie magnetiche e i loop coronali potrebbe giocare un ruolo fondamentale nel portare la temperatura della corona solare a 2 milioni °C.

Le recenti osservazioni di Solar Orbiter sono riuscite a immortalare contemporaneamente le strutture magnetiche superficiali e le caratteristiche coronali ad alta risoluzione spaziale, ossia pari a circa 200 km. Intanto, l’impresa della sonda Esa continua in vista di un altro passaggio ravvicinato del Sole previsto il prossimo 7 ottobre, quando Solar Orbiter si avvicinerà alla nostra stella fino a 43 milioni di km. Addirittura più vicino di Mercurio, il pianeta più interno del Sistema Solare.

 

Immagine in copertina e video sotto: le due osservazioni realizzate il 12 ottobre dagli strumenti Eui e Phi a bordo di Solar Orbiter Crediti: Esa & Nasa/Solar Orbiter, EUI team e PHI team