I funghi nello spazio ci sono sempre stati. Intendiamo la presenza di spore in luoghi chiusi come la Stazione Spaziale Internazionale.
In parte provengono dalla Terra, ma sembra che essi nascano anche in condizioni di gravità differente.
Per questo motivo l’Onu (Unoosa – Ufficio delle Nazioni Unite per gli affari dello spazio extra-atmosferico) ha sponsorizzato uno studio di Astromicologia.
Con una centrifuga a rotazione rapida (Ldc – Large Diameter Centrifuge) sviluppata dall’Agenzia Spaziale Europea, un gruppo di astrobiologi ha testato la crescita di colonie fungine in ipergravità.
Quattro bracci lunghi otto metri ruotano fino a 67 giri al minuto; le specie fungine sono posizionate lungo bracci all’interno di cosiddette gondole. Una volta sottoposte a una gravità fino 20 volte superiore a quella terrestre, sono esaminate per verificare la presenza di reazioni o alterazioni. La presenza di funghi può dar origine a conseguenze molto serie sia per la navicella, sia per gli astronauti: nel tempo oscurano gli oblò, corrodono metalli e plastica provocando malfunzionamenti; sugli esseri umani generano infezioni e allergie.
Tuttavia sulla Terra i funghi sono utilizzati in numerosi campi: per produrre cibo, medicine, enzimi chimici per l’industria.
Studiare la loro crescita e riproduzione, potrebbe aprire nuove finestre riguardo al loro impiego nello spazio: l‘aspettativa è che essi possano ricoprire diversi tipi di esigenze, come la riconversione di materiali e l’estrazione di minerali da superfici planetarie, e ridurre così i costi e garantire la sostenibilità dell’esplorazione spaziale con equipaggio.