Non è la biografia di Elon Musk. Eppure ‘From Africa to Mars’ sembra un romanzo scritto da un visionario, proprio come il famoso imprenditore di origini sudafricane che con la sua SpaceX vuole conquistare Marte.

Siamo nel 2053. L’Africa è un continente unito e ha eletto per la prima volta una presidente donna, Mafuro Mwanda. Mafuro promette al mondo che porterà l’Africa su Marte. E poi c’è Fotso, un ingegnere spaziale che dopo tante fatiche riesce a coronare il suo sogno e lavorare presso l’Agenzia Spaziale Africana. Presto però, si rende conto che non era ciò che si aspettava e considera di mollare tutto. Ma quando uno scienziato scopre che sul pianeta rosso si trova il più grande deposito di sankerite, un potentissimo minerale, Mafuro si rivolge proprio a Fotso per guidare la missione su Marte. Non sarà facile, tra fallimenti e sforzi immensi, il popolo africano inizia a protestare e nella corsa alla sankerite s’inserisce anche l’alleanza tra Cina e Stati Uniti. L’epilogo vale la pena dedurlo dall’intervista all’autore.

 

Momo Bertrand, appassionato di tecnologia e innovazione, ama insegnare e raccontare storie. Ha 29 anni, è cresciuto in Camerun, dopo due anni di lavoro alle Nazioni Unite ora è un giovane professionista (Yp) che si occupa di sviluppo presso la Banca Mondiale. Ed è proprio a Washington che lo siamo andati a trovare.

Come è nata l’idea di ‘From Africa to Mars’?

Quando lavoravo a Torino per l’Onu, mi hanno assegnato a un programma educativo in Burkina Fasu. Dovevamo incoraggiare i ragazzi africani a frequentare corsi Stem (Scienza, Tecnologia, Ingegneria, Matematica). Ho preparato un progetto di comunicazione, in cui ogni ragazzo doveva presentare un’immagine di come vedeva se stesso in futuro grazie allo studio di queste materie. I risultati sono stati sorprendenti, ma quando li ho condivisi, mi è stato detto che sarebbe stato impossibile per un africano raggiungere tali obiettivi. Mi sono infuriato. Non si possono cambiare le cose senza una visione, senza darci la possibilità di scegliere. Così è nata l’idea di ‘From Africa to Mars’. E’ stato difficile, ci ho messo tempo, non avendo un editore me lo sono dovuto auto pubblicare, ma volevo trasmettere un messaggio: bisogna cambiare il modo di vedere l’Africa e il modo che l’Africa ha di vedere se stessa! E i messaggi che mi sono arrivati dopo aver letto il libro, a meno di un anno dalla pubblicazione, mi hanno ripagato di tutta la fatica. Avrei da raccontare tante storie sull’impatto che ha avuto sulle persone.

Perché hai scelto lo Spazio come terreno di gioco?

Lo spazio è l’ultima frontiera. Se possiamo arrivare lì, possiamo arrivare ovunque.

Nel nome del minerale a cui l’umanità ambisce, c’è un evidente riferimento a Thomas Sankara, il ‘Presidente rivoluzionario’ del Burkina Fasu assassinato nel 1987…

Si! Nel libro c’è la sua sostanza: produce energia, accelera lo sviluppo del Continente. Sankara per me è un modello. Aveva una visione, era un leader. “Abbiamo difronte la possibilità di scegliere tra lo champagne per pochi o l’acqua potabile per tutti” diceva, ed è una visione importante. Il personaggio perfetto per il nome del minerale. Mio padre amava queste personalità carismatiche, come anche Malcom X. Ma fu all’università che vidi un documentario su Sankara. Mi ha emozionato la sua storia. “Osare inventare l’avvenire”…

E’ per questo che poni il ‘tesoro’ fuori dal pianeta Terra? Un personaggio come Sankara è ancora troppo per questa umanità?

No, no, il messaggio è solo quello di guardare oltre, e casomai che per trovarsi bisogna anche perdersi. E gli strumenti sono tre. Avere una visione forte, un sogno, Sankara voleva cambiare il suo Paese. Poi bisogna sapere che abbiamo sempre una scelta: lavorare per il popolo o lavorare per l’elite. E poi, avere il coraggio di combattere: quando hai un sogno, quando aneli a qualcosa di diverso, incontri per forza degli ostacoli.

Come mai hai scelto un’alleanza Stati Uniti – Cina come antagonisti per la corsa verso Marte? Ai giorni d’oggi, anche questa sembra un’utopia…

Non è così. Intanto, Usa e Cina hanno collaborato insieme su più fronti in passato. Spesso abbiamo la memoria corta, e il problema principale resta quello della narrazione. C’è un lato visibile, che troviamo nelle parole delle news, e un altro meno visibile dove gli americani vanno in vacanza in Cina e viceversa, gli scambi commerciali sono in aumento, ecc. In realtà c’è più collaborazione che competizione tra i due Paesi, ma sembra che viviamo in un mondo dove sia più fruttuoso dividere. E questo non è sostenibile. Inoltre, pensiamo che le cose rimarranno sempre le stesse, ma la realtà è diversa. Quindi, no, non è un’utopia l’alleanza Usa – Cina.

Sui tuoi social hai pubblicato il trailer ‘From Africa to Mars’, hai intenzione di farne un film?

Era in programma, ma al momento non ho risorse, né tempo. Ho appena pubblicato ‘We can choose hope’ un libro di poesie che ha lo stesso messaggio di ‘From Africa to Mars’ e cioè che l’ottimismo è una scelta, anche quando le cose non vanno bene. Entro 2 o 3 anni voglio fare un film sull’esplorazione spaziale, forse un cartone animato, non ho ancora deciso, ma voglio farlo bene e voglio parlare ai bambini: l’obiettivo è incoraggiare i ragazzi a frequentare corsi Stem.

 

‘From Africa to Mars’ è scritto in modo semplice, tocca la fantasia di un bambino quanto il cuore di un adulto. Un libro che unisce attualità, aspirazioni e ispiratori (dalla corsa allo spazio a Thomas Sankara) mostrando l’essenza dell’uomo: un’oscillazione continua tra speranze e delusioni e un’innata capacità di saper integrare i fallimenti e rialzarsi.

 

Immagine in evidenza: fotogramma del trailer ‘From Africa to Mars’ – Crediti: Momo Bertrand