Il telescopio spaziale Webb ha scovato un buco nero supermassiccio, il più distante finora rilevato. L’oggetto si trova nella galassia Ceers 1019, che esisteva già 570 milioni di anni dopo il Big Bang. Lo studio è stato realizzato da un gruppo di astronomi dell’Università del Texas di Austin grazie ai dati del programma Cosmic Evolution Early Release Science (Ceers) Survey di Webb.

Gli scienziati hanno analizzato il buco nero con i due strumenti a infrarossi di Webb, il Mid-Infrared Instrument (Miri) e la Near Infrared Camera (Nircam). Successivamente hanno rilevato le deboli tracce di radiazione prodotti dal materiale caldo intorno al buco nero.

Le informazioni a disposizione hanno evidenziato che il buco nero misura solo 9 masse solari, un peso inferiore di quello di altri oggetti simili già noti nell’universo primordiale. Nel dettaglio Ceers 1019 è simile a Sagittarius A*, il buco nero situato al centro della Via Lattea che misura 4,6 milioni di volte la massa del Sole. Ceers 1019 è solo uno dei tanti cresciuti durante l’alba cosmica, il periodo iniziato circa 100 milioni di anni dopo il Big Bang. Il James Webb sta offrendo una quantità di dati mai vista prima e in futuro potrebbe rivelare ancora molto sul loro complesso processo di formazione.

Grazie ai dati del Webb il team di Austin ha individuato anche la quantità di gas che il buco nero sta ingerendo e ha determinato il tasso di formazione della galassia.

Ma non è tutto. Un gruppo di astronomi del Colby College, nel Maine, ha scovato un’altra coppia di piccoli buchi neri nei dati. I due oggetti si trovano nelle galassie Ceers 2782 e Ceers 746 ed esistevano rispettivamente 1,1 miliardi  e 1 miliardo di anni dopo il Big Bang. I loro dischi di accrescimento formati da gas sono ancora offuscati in parte dalle polveri galattiche.

Entrambi i buchi neri sono ‘leggeri’ come Ceers 1019 e misurano circa 10 milioni di volte la massa del Sole.

Immagine in apertura: un vasto insieme di galassie a spirale catturate dallo strumento a infrarossi Miri a bordo del Webb. Crediti: Nasa, Esa, Csa, Steve Finkelstein (UT Austin), Micaela Bagley (UT Austin), Rebecca Larson (UT Austin)