800 semi stellari scoperti in 39 nubi massicce. È il campione senza precedenti che raggruppa il più alto numero di “embrioni” stellari finora da noi individuato. Queste strutture prendono il nome di nuclei di nubi molecolari e, secondo gli astronomi, sono quelle che si evolveranno in stelle in futuro.

L’ampio vivaio protostellare è stato scovato da un team di ricerca che ha indagato con il telescopio Alma 39 nubi massicce, fredde e dense di gas e polvere. Queste nubi consistono negli ambienti in cui ci si aspetta la formazione di stelle ad alta massa, ossia otto volte più massicce del nostro Sole.

La ricerca, pubblicata su The Astrophysical Journal, rivela che il meccanismo di formazione delle stelle massicce è fondamentalmente diverso da quello delle stelle di bassa massa, una peculiarità che non si limita a questioni di scala.
I risultati dello studio pongono una nuova luce sulla nascita delle stelle massicce, la cui formazione è stata finora ritenuta essere caratterizzata dagli stessi meccanismi che contraddistinguono la nascita di stelle poco massicce.

Le stelle massicce sono rare ma allo stesso tempo protagoniste fondamentali nell’evoluzione dell’Universo: esse esercitano un’influenza sostanziale sull’ambiente circostante, soprattutto grazie al rilascio di elementi pesanti e alla loro esplosione in supernova. Tuttavia, la loro genesi rimane uno dei quesiti più enigmatici per l’astronomia, data anche la loro maggiore distanza da noi rispetto a stelle più simili al nostro Sole.

Per trovare nuovi indizi, il team di ricercatori guidato da Kaho Morii, Patricio Sanhueza e Fumitaka Nakamura, tutti dell’Osservatorio astronomico nazionale del Giappone, ha indagato 39 nubi massicce, strutture che nelle osservazioni all’infrarosso appaiono scure senza fare così emergere ciò che accade al loro interno. Per avere uno sguardo più chiaro, il team si è affidato ad Alma, il telescopio composto da 66 antenne di Eso, la cui risoluzione spaziale è stata sufficiente per distinguere i semi stellari all’interno delle nubi scure.

Questi bozzoli sono risultati essenzialmente simili a quelli trovati nelle vicine regioni di formazione stellare di bassa massa.
La ricerca ha svelato, tuttavia, che il 99% di questi embrioni stellari non hanno una massa sufficiente per diventare stelle massicce, se si assume lo stesso scenario di crescita delle stelle di bassa massa. Mentre queste ultime convertono in massa stellare circa il 30-50% della massa iniziale del nucleo espellendo il resto, lo studio suggerisce che, al contrario, i bozzoli che genereranno stelle massicce, per avviare il processo di formazione devono crescere accumulando gas aggiuntivo dall’ambiente circostante.

Inoltre, lo studio ha rivelato che i bozzoli più massicci non sono raggruppati come atteso in base alla distribuzione osservata delle stelle massicce. Questi nuclei risultano, infatti, ampiamente distribuiti nelle nubi come rilevato nel caso delle stelle di massa inferiore. Parallelamente, una distribuzione localmente concentrata è stata riscontrata, invece, per i nuclei più densi suggerendo l’ipotesi che siano questi ultimi, piuttosto che i nuclei più massicci, a poter essere i progenitori delle stelle di massa elevata.

«Possiamo dedurre che i nuclei più densi negli ammassi possono crescere in modo più efficiente accumulando materiale circostante. Sembra che la densità sia più importante della massa originaria per la formazione di stelle massicce», afferma Kaho Morii, primo autore della ricerca.

 

Immagine in evidenza: le 39 nubi indagate con Alma in cui si prevede la formazione di stelle massicce in futuro. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), K. Morii et al.