Un passo avanti verso il futuro gps lunare. Il sistema di comunicazione laser per la missione Artemis 2 è arrivato al Kennedy Space Center della Nasa, in Florida, per essere integrato con la navicella Orion. Il veicolo spaziale, che porterà esseri umani intorno e sulla Luna per la prima volta dopo le storiche missioni Apollo, sarà infatti dotato di un innovativo sistema di comunicazione basato sulla tecnologia laser chiamato Orion Artemis 2 Optical Communications System, o più semplicemente O2O.

Nell’immagine in alto, potete vedere il team della Nasa intento a fare le prime verifiche sul payload O2O, poco dopo il suo arrivo al Kennedy Space Center. Per preparare questo momento, negli ultimi anni l’agenzia statunitense ha lanciato due satelliti dimostrativi. Lcrd, lanciato nel dicembre 2021, è stato il primo satellite laser dell’agenzia, e presto sarà utilizzato per ricevere dati dalla Stazione spaziale internazionale. Nel 2022 è stata la volta del piccolo satellite Tbird, che grazie alla comunicazione laser ha raggiunto una velocità di trasmissione dati di 200 gigabit al secondo. Adesso la Nasa sta preparando la missione IllumaT, che dovrebbe partire alla volta della Iss nel corso del 2023 per testare appunto il collegamento laser tra la casa spaziale e il primo satellite, Lcrd.

Tutto questo servirà a mettere alla prova la tecnologia laser in vista di Artemis 2, che alla fine del 2024 porterà i 4 astronauti Christina Koch, Jeremy Hansen, Victor Glover e Reid Wiseman intorno alla Luna. Il sistema di comunicazione laser O2O a bordo di Orion manderà sul nostro pianeta immagini ad alta risoluzione del nostro satellite.

«A 260 megabit al secondo, O2O è in grado di inviare video in alta definizione 4K dalla Luna – ha detto Steve Horowitz, project manager di O2O. – Ma oltre a video e immagini, O2O trasmetterà e riceverà procedure, immagini, piani di volo: sarà un collegamento costante tra Orion e il controllo della missione sulla Terra».

 

Immagine in apertura: il sistema di comunicazione laser O2O arrivato al Kennedy Space Center della Nasa. Crediti: Nasa / Isaac Watson