Stanno perdendo colpi a causa della crisi climatica, dei processi di sedimentazione e di un utilizzo eccessivo delle loro acque per uso umano: sono i grandi laghi della Terra, il cui 53% presenta segni di declino.

Lo stato di salute di questi bacini è al centro di uno studio appena pubblicato su Science (articolo: “Satellites reveal widespread decline in global lake water storage”) e basato sia su dati satellitari, sia su modelli informatici; l’indagine, condotta da un gruppo di lavoro internazionale, è stata coordinata dal Cires (Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences)  dell’Università del Colorado-Boulder.

Il gruppo di lavoro ha effettuato una mappatura globale dei grandi laghi, prendendone in esame ben 1972 che rappresentano il 95% delle riserve idriche lacustri del nostro pianeta; l’indagine ha considerato un ampio intervallo temporale, compreso tra il 1992 e il 2020. Tra i dati satellitari utilizzati, figurano soprattutto quelli di Landsat, programma di osservazione della Terra che vede insieme la Nasa e l’agenzia governativa Usgs (United States Geological Survey) e che è attivo dal 1972; la longevità di questo programma ha permesso agli esperti di poter lavorare appunto su archi temporali molto ampi. Sono stati impiegati anche i dati di vari altimetri satellitari, tra cui quelli dell’altimetro Siral (Sar Interferometric Radar Altimeter) installato a bordo di CryoSat-2 dell’Esa.

Nel complesso, sono state esaminate circa 250mila immagini satellitari di laghi, tenendo presente che per bacini iconici – come il Mar Caspio e il Lago d’Aral – esiste una copiosa documentazione, mentre per laghi meno noti le informazioni disponibili sono esigue e più recenti; in questi casi, gli studiosi hanno combinato le misurazioni attuali con i quelle a lungo termine delle aree dove si trovano i laghi. I dati satellitari, poi, sono stati associati a modelli informatici per monitorare i cambiamenti nel livello dell’acqua e l’esito della valutazione è stato piuttosto negativo: il 53% dei grandi bacini sta vivendo una fase di declino. Questa tendenza riguarda gli specchi d’acqua in generale, anche quelli che si trovano in zone umide.

La mappatura ha messo in rilievo che esistono anche laghi in crescita: sono il 24% e si trovano in regioni scarsamente popolate, come l’Altopiano del Tibet. Tuttavia, ci sono bacini in buono stato di salute anche in altre aree perché sono stati adeguatamente tutelati e le loro acque sono state gestite con oculatezza: è il caso del Lago Sevan, in Armenia, il cui incremento è stato costante negli ultimi 20 anni. Secondo gli studiosi, i laghi – pur essendo una risorsa preziosa per numerose popolazioni – non sono stati mai monitorati in maniera approfondita: quindi questa mappatura riveste una notevole importanza, oltre ad offrire esempi di politiche efficaci per una corretta gestione delle risorse idriche.

In alto: il progressivo prosciugamento del Lago d’Aral, situato al confine tra l’Uzbekistan e il Kazakistan, documentato dai satelliti Landsat (Crediti: Usgs-Earth Resources Observation and Science Data Center)