El Niño sta tornando. Ad annunciarlo, è lo sguardo dall’alto dei satelliti, che ha intercettato i primi segnali del complesso fenomeno climatico che periodicamente colpisce i paesi affacciati sull’Oceano Pacifico. Da forti inondazioni nelle aree direttamente interessate a gravi siccità in zone apparentemente molto distanti: secondo gli scienziati, El Niño può avere grandi effetti su scala globale, a causa di massicci cambiamenti nella circolazione atmosferica.
Conosciuto anche con la sigla Enso, da ‘El Niño-Southern Oscillation’, El Niño provoca periodicamente un forte riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale tra dicembre e gennaio. Questo avviene in media ogni cinque anni, con un periodo statisticamente variabile fra tre e sette anni.
L’ultima, violenta comparsa di El Niño risale al 2015-16. Secondo uno studio condotto dalla Nasa è stata la più intensa manifestazione del fenomeno negli ultimi 50 anni, con una serie di reazioni a catena che hanno facilitato anche la diffusione di diverse malattie. A dimostrazione di come fenomeni naturali come El Niño stiano diventando sempre più violenti a causa della loro sovrapposizione con il riscaldamento globale di origine antropica.
L’andamento ciclico di El Niño già suggeriva un suo ritorno verso il 2023, ipotesi recentemente avanzata anche dal Noaa statunitense e dall’Organizzazione Metereologica Mondiale. Adesso i nuovi dati satellitari forniscono una prova apparentemente inequivocabile del lento avvicinamento di El Niño. Si tratta delle cosiddette onde di Kelvin, alte da 5 a 10 centimetri sulla superficie dell’Oceano Pacifico e lunghe centinaia di chilometri, che si stanno muovendo verso la costa occidentale del Sud America. Queste onde sono state intercettate dall’altimetro radar del satellite Sentinel-6 Michael Freilich, parte del programma europeo Copernicus. È una nuova prova di quanto i dati satellitari siano preziosi per individuare, in alcuni casi anche con notevole anticipo, gli effetti del clima che cambia.