‘Piovono’ ricerche per studiare la chimica delle regioni interne dei dischi planetari, dove si formano i pianeti rocciosi: il tutto grazie alla sensibilità del telescopio James Webb.

Il progetto Minds (Miri mid-INfrared Disk Survey), che deve parte del suo acronimo a Miri (Mid-Infrared Instrument), uno dei principali strumenti a bordo del nuovo e potente esploratore spaziale, vede un forte coinvolgimento europeo nel suo team scientifico.

Osservata speciale è la giovane e luminosa stella J160532, un decimo della massa del nostro Sole, a circa 500 anni luce di distanza in direzione della costellazione dello Scorpione.

Con l’avvento del Webb, la comunità astronomica ha iniziato a studiare le molecole nella parte interna e calda dei dischi di polvere attorno a giovani piccole stelle.

Dotato di strumenti che rilevano la composizione chimica nelle lunghezze dello spettro elettromagnetico, il telescopio consente di scandagliare ambienti ricchi di composti portatori di carbonio, incluse molecole organiche complesse come il benzene, fino a intercettare agglomerati contenenti anidride carbonica e tracce di acqua.

Pubblicata su Nature Astronomy, l’ultima ricerca del progetto Minds si concentra sulla presenza di benzene nel disco planetario della stella J160532.

Per la prima volta è stato rilevato nel disco anche l’idrocarburo diacetilene (C4H2) oltre che una quantità straordinariamente elevata di gas acetilene (C2H2), rispetto a una scarsa presenza di acqua ed anidride carbonica. Questi composti si trovano spesso in altri dischi che formano pianeti intorno a stelle simili al Sole. L’identificazione di questi gas ha richiesto una stretta collaborazione con i chimici che misurano gli spettri in laboratorio.

I ricercatori sospettano che i gas benzene e (di-)acetilene siano entrati nel disco perché i granelli di polvere ricchi di carbonio vengono distrutti nei pressi della giovane stella attiva; la sabbia che rimane contiene silicati con poco carbonio. Ma non finisce qui: la sabbia a basso contenuto di carbonio si raggruppa in pezzi più grandi, che in fasi successive si accrescono fino a diventare pianeti rocciosi, come la Terra. Questo scenario, ad esempio, potrebbe spiegare perché il nostro pianeta è così povero di carbonio.

Siamo solo all’inizio di un lungo percorso di ricerca e scoperte: gli astronomi della mappatura Minds stanno elaborando i dati di oltre 30 nuovi dischi di polvere attorno a giovani astri e ne aspettano ulteriori su altri 20 dischi. Sono in attesa di scoprire altre molecole e di acquisire maggiori conoscenze sulla formazione di pianeti rocciosi in dischi sia attorno a stelle piccole, sia più grandi, fino a due o tre volte la massa del Sole.

In apertura: una raffigurazione delle linee di emissione di benzene, diacetilene e anidride carbonica possono essere viste come picchi ristretti nello spettro. L’acetilene (C2H2) è così abbondante da dare ampi dossi nello spettro. Credito:  JWST/MIRI/Tabone et al.