Si chiamano Ufo, ma gli alieni, in questo caso, non c’entrano nulla. Sono gli ultra-fast outflows, venti ultraveloci che emergono dall’ambiente di buchi neri supermassicci e soffiano a velocità vicine a quella della luce. Un gruppo di ricerca internazionale, guidato da un team italiano, ha esplorato questo fenomeno ancora poco compreso, alla ricerca di queste emissioni di gas, fondamentali per comprendere i meccanismi che regolano il comportamento dei buchi neri supermassicci nella loro fase attiva.

Il progetto di ricerca si chiama  Subways (SUper massive Black hole Winds in the x-rAYS)  e i primi risultati sono stati pubblicati, in due articoli, su  Astronomy & Astrophysics . Il primo di questi, guidato da studiosi dell’Università di Bologna e dell’Inaf, si basa principalmente sui dati ottenuti  dal telescopio spaziale Xmm-Newton dell’Esa .

Gli studiosi hanno analizzato 22 nuclei galattici attivi (Agn), ovvero quelle regioni che circondano i buchi neri supermassicci al centro delle galassie ed emettono enormi quantità di radiazioni attraverso l’intero spettro elettromagnetico, quando i buchi neri sono in fase attiva. L’indagine ha dimostrato che in circa il 30% dei nuclei galattici attivi analizzati sono presenti venti spaziali che viaggiano a velocità comprese tra il 10% e il 30% della velocità della luce.

«Questi risultati ci permettono di stabilire con maggiore certezza che una proporzione significativa di nuclei galattici attivi ospita venti ultraveloci chiamati Ufo», spiega Marcella Brusa , docente dell’Università di Bologna e associata Inaf, nonché coordinatrice dell’intero progetto Subways. «E abbiamo avuto modo di confermare che l’intensità di questi flussi di gas sono sufficienti a modificare sensibilmente l’ecosistema delle loro galassie».

Tra un buco nero supermassiccio e la galassia che lo circonda esiste infatti una stretta relazione che ne influenza reciprocamente la formazione e l’evoluzione. I meccanismi alla base di questa relazione reciproca sono ancora poco conosciuti, ma tra gli ingredienti chiave potrebbero esserci i venti ultraveloci emessi dai nuclei galattici attivi. Queste potenti emissioni si verificano quando parte del gas nel disco di accrescimento viene espulso verso l’esterno, trasferendo così parte della materia e dell’energia prodotte nello spazio interstellare. Un meccanismo, questo, che ha importanti implicazioni per la regolazione del processo di formazione stellare.

Per rilevare gli UFO vengono analizzati gli spettri emessi nella banda dei raggi X, alla ricerca di assorbimenti prodotti dalla presenza di materiali altamente ionizzati come il ferro. Si tratta di un fenomeno dovuto alle temperature estreme – fino a decine di milioni di gradi – generate in prossimità di buchi neri supermassicci. Grazie al telescopio spaziale a raggi X Xmm-Newton dell’Esa gli scienziati di Subways sono riusciti a ottenere 1,6 milioni di secondi di tempo di osservazione (più di diciotto giorni). Hanno così esplorato 17 nuclei galattici attivi nell’universo relativamente vicino (tra circa 1,5 e 5 miliardi di anni luce di distanza), a cui hanno aggiunto i dati di altri 5 AGN già raccolti in precedenza.

«Queste osservazioni ci hanno permesso di ottenere nuove prove indipendenti dell’esistenza di materia altamente ionizzata che viene espulsa dalle regioni più interne dei nuclei galattici attivi a velocità vicine a quella della luce», afferma Gabriele Matzeu, ricercatore dell’Università di Bologna, associato Inaf e primo autore del paper di presentazione dei risultati sulla statistica UFO. «Questi risultati ci hanno permesso di saperne di più su questi venti ultraveloci e di comprendere meglio il loro ruolo nel plasmare il processo di evoluzione delle galassie».

Immagine in apertura: rappresentazione artistica dei venti-ultraveloci nell’ambiente di un buco nero super-massiccio. Crediti: Università di Bologna