Sfruttare ogni riserva di energia: è la strategia per prolungare di qualche anno le missioni scientifiche delle sonde Voyager 1 e Voyager 2, lanciate nel 1977.

Le sonde di Nasa sono le uniche ad aver superato ancora in operatività i confini dell’eliosfera, studiando così come questa bolla solare riesca a proteggere la Terra dalle particelle interstellari.

Alimentate da 46 anni dagli Rtg, generatori di energia basati sul decadimento del plutonio, le Voyager ottengono, tuttavia, ogni anno una quantità di energia sempre inferiore. Tale diminuzione costante porterà le sonde gemelle a dover spegnere prima o poi uno dei loro 5 strumenti. Ciò sarebbe dovuto accadere entro il 2023 per Voyager 2 completamente operativa, mentre Voyager 1 ha ancora un anno di attesa dato uno strumento su 5 già fuori uso.

Il team Nasa è riuscito però a posticipare lo spegnimento per Voyager 2 sfruttando una piccola riserva energetica di emergenza. I generatori Rtg destinano, infatti, poca energia a un circuito di sicurezza da attivare in caso di sbalzi di tensione della corrente elettrica, fluttuazioni che potrebbero danneggiare gli strumenti.

Con i sistemi elettrici relativamente stabili, il team ha ora deciso di non utilizzare più questa rete di sicurezza, potendo così sfruttare anche l’energia a essa riservata.

Una mossa che rimanda lo spegnimento del primo strumento scientifico di Voyager 2 al 2026 e, in caso di successo, l’attivazione dello stesso piano per Voyager 1.
Una strategia che spinge ancora più in là la fine delle sonde più longeve di sempre.