Una regione, particolarmente vicina alle stelle e soggetta a un’intensa radiazione, in cui non sono presenti corpi celesti simili al pianeta Nettuno: è questa la caratteristica principale del cosiddetto ‘Deserto Nettuniano’ (Hot Neptune Desert), le cui origini sono al centro di uno studio di Astronomy & Astrophysics (articolo: “Dream-Desert-Rim Exoplanets Atmosphere and Migration – I. Orbital architecture orrery”).
Dalla scoperta del primo esopianeta, avvenuta nel 1995, ad oggi i mondi extrasolari individuati sono oltre 5mila, nella maggior parte dei casi orbitano molto vicino alla loro stella e si presentano con una grande varietà: dai giganti gassosi simili a Giove a corpi celesti molto più piccoli che ricordano Mercurio. In questo scenario così variegato una categoria appare scarsamente rappresentata: gli esopianeti caratterizzati da dimensioni analoghe a quelle di Nettuno. Tale vuoto nella distribuzione di questi mondi ‘esotici’ è stato appunto definito Deserto Nettuniano dagli astronomi.
Lo studio di Astronomy & Astrophysics, coordinato dall’Università di Ginevra, ha provato a formulare una nuova teoria relativa alla formazione di questa ‘landa’ spaziale desolata e dai tratti ancora poco chiari. Negli anni, peraltro, sono state proposte varie ipotesi. Ad esempio, l’irraggiamento stellare della zona non avrebbe permesso ai pianeti di trattenere la loro atmosfera, tanto che essi si sarebbero ridotti a un mero nucleo roccioso; oppure un processo di migrazione avrebbe portato questi mondi lontano dal loro luogo natio.
Il team della ricerca, combinando i due principali metodi di studio degli esopianeti (transito e velocità radiale), ne ha analizzati 14 di varie tipologie, situati al confine del Deserto. In particolare, gli astronomi hanno preso in considerazione il modo in cui le orbite di questi mondi sono orientate rispetto all’asse di rotazione della loro stella: questo parametro è servito per capire quale tipo di processo migratorio avrebbero subito.
Infatti, gli studiosi hanno individuato due tipologie di migrazione, una soft e una violenta. La prima si verifica quando i pianeti si muovono nel piano equatoriale della loro stella, dove si sono formati; la seconda, invece, avviene quando i pianeti vengono letteralmente ‘cacciati’ via dal piano in cui hanno avuto origine.
La maggior parte dei 14 mondi esaminati nella ricerca presenta un’orbita disallineata rispetto all’equatore stellare: tre quarti di essi, infatti, hanno un’orbita polare che, secondo gli autori del saggio, è indicativa di un processo di migrazione violenta. Questo fenomeno traumatico, quindi, sarebbe all’origine del Deserto Nettuniano.
Tuttavia, la strada per una completa comprensione di questa zona dello spazio è ancora lunga e richiede un lavoro di approfondimento sugli esopianeti più piccoli, difficili da analizzare anche con gli strumenti di ultima generazione. Il team della ricerca attende l’entrata in gioco del telescopio Elt (Extremely Large Telescope), che dovrebbe debuttare nel 2027 ed è dotato dei dispositivi necessari per questo tipo di ricerca.
In alto: elaborazione artistica di un pianeta di tipo nettuniano (Crediti: Nasa/Jpl-Caltech).