Si trova a circa 700 anni luce dalla Terra e fa parte della costellazione di Orione, di cui costituisce uno degli elementi più luminosi e conosciuti sin dall’antichità: è Betelgeuse, stella supergigante rossa che – alla fine del 2019 – ha mostrato evidenti segni di affievolimento e addirittura cambiamenti nel suo aspetto. L’astro, le cui condizioni sono costantemente monitorate, all’inizio del 2020 è arrivato a perdere circa il 60% della sua luminosità, un calo percepibile anche ad occhio nudo; poi, nel mese di febbraio 2020, il decremento si è arrestato e la stella è ritornata al suo splendore usuale.

Sono state formulate varie ipotesi in merito all’affievolimento di Betelgeuse, ribattezzato dagli astronomi ‘Great Dimming’ proprio per evidenziare l’eccezionalità dell’evento; l’astro, su cui esiste un’abbondante documentazione (anche del passato), non aveva mai vissuto una situazione del genere.

Uno studio di Monthly Notices of the Royal Astronomical Society (articolo: “Did a close tidal encounter cause the Great Dimming of Betelgeuse?”) prospetta un nuovo scenario. La ricerca, coordinata dal Dipartimento di Fisica e Astronomia del Bowdoin College di Brunswick (Stati Uniti), ipotizza che il calo di Betelgeuse potrebbe essere attribuibile a un ‘visitatore’ sgradito: un buco nero errante che, volteggiandole vicino, avrebbe scatenato un rigonfiamento mareale provocandone l’affievolimento.

Gli autori del saggio, considerando che la stella ha ‘perduto i colpi’ solo per pochi mesi, sono partiti dall’idea che il fattore scatenante del fenomeno dovesse essere cercato all’esterno di Betelgeuse; un assunto del genere è alla base anche di altre ipotesi (come quella che chiama in causa la presenza di polveri).

Inoltre, gli studiosi hanno considerato anche i processi fisici che caratterizzano le stelle. Questi oggetti celesti, infatti, sono tenuti insieme dal peso della loro stessa gravità, una forza che viene controbilanciata dall’intensa energia rilasciata nei loro nuclei. La superficie di una stella, di conseguenza, è sempre bilanciata tra queste due forze; l’area in cui si trova il punto di equilibrio ‘stabilisce’ la temperatura dell’astro, che, a sua volta ne determina la luminosità.

Gli astronomi possono vedere gli effetti di questi processi quando le stelle ruotano a grande velocità; infatti, la forza di rotazione provoca un rigonfiamento del loro equatore rispetto ai poli. Questo meccanismo fa sì che l’equatore si trovi più lontano dal nucleo, condizione che riduce la temperatura e quindi la luminosità. Questo tipo di affievolimento, definito ‘oscuramento gravitazionale’ (gravity darkening), fa apparire alcune stelle più luminose ai loro poli piuttosto che nelle zone centrali.

Betelgeuse non ruota abbastanza velocemente per produrre un fenomeno del genere, ma i rigonfiamenti si possono formare anche per altri motivi e qui giungiamo all’ipotesi formulata dal team della ricerca: se un ‘visitatore’ casuale, come un piccolo buco nero, si avvicina troppo all’astro, può far alzare le maree sulla sua superficie esattamente come la Luna alza le maree sulla Terra.

Quindi, con il rigonfiamento in atto, l’equatore della stella – e nel contempo il suo aspetto generale – si oscurerebbe; poi, una volta terminato il passaggio del buco nero ‘molesto’, Betelgeuse potrebbe tornare alla normalità. Lo scenario però non giustifica completamente la percentuale di perdita della lucentezza; a questo punto gli studiosi hanno ipotizzato che il passaggio del buco nero abbia prodotto altri fenomeni, come un’intensa esplosione stellare. Il materiale emesso in tale circostanza avrebbe provocato un ulteriore oscuramento di Betelgeuse che, sommato a quello gravitazionale, sarebbe coerente con il calo del 60% sopra citato e quindi potrebbe spiegare il ‘Great Dimming’.

In alto: la stelle Betelgeuse in un immagine della mappatura Digitized Sky Survey 2 (Crediti: Eso/Digitized Sky Survey 2 – Acknowledgment: Davide De Martin)